“Non cerco l’unanimità”, aveva detto prima del bel discorso di ieri mattina all’Assemblea nazionale del PD. Ha fatto davvero il possibile per chiarire la sua intenzione di cambiare ed aprire il partito nella medesima direzione data dal contestato Zingaretti. L’unanimità o quasi l’ha ricevuta lo stesso. Chi vi ha letto un ritorno alla “vocazione maggioritaria” con apertura a Renzi e Calenda. Chi invece l’ha inteso come un ritorno all’Ulivo, con la conferma convinta dell’alleanza coi Cinque Stelle. Per avere conferma della sincerità degli applausi bisognerà attendere gli sviluppi concreti. A cominciare dal dibattito avviato nei circoli e dal confronto con i gruppi parlamentari. Dove e quando si prenderanno le decisioni della nuova leadership sia sulle riforme che sull’impiego delle risorse next generation.eu (nandocan).
***di Massimo Marnetto, 15 marzo 2021 – Il non detto è stato il suo messaggio più forte: dobbiamo tornare credibili occupandoci di chi sta peggio. Letta è tornato, ha parlato ed è stato eletto quasi all’unanimità nuovo segretario del PD. Vino nuovo nell’otre vecchio. Che va travasato alla svelta in un partito nuovo, rigenerato da “agorà democratiche” aperte, prima che si spacchi nei mille pezzi delle correnti che lo crepano dalla nascita.
Vasto programma
Il vasto programma enunciato ha un obiettivo chiaro: tornare a sinistra, facendosi carico di chi subisce più ingiustizia: poveri, donne, giovani. Parti sofferenti della collettività, a cui vanno offerte opportunità, sostegno, diritti. Obiettivi difficili da riproporre, dopo anni di supremazia culturale del neoliberismo, che ha normalizzato le forti disparità come effetto collaterale ineludibile della competizione regolatrice del mercato, che non prevede interferenze dello Stato.
Letta vuole rivoluzionare questi schemi. Ma sa che per farlo il nuovo PD ha bisogno di alleanze non solo a sinistra, ma anche verso i 5 Stelle, pure loro impegnati nel cantiere di Conte. Il cambiamento è iniziato, ma Letta vuole che le sue proposte escano dalla sede e vadano nei circoli per essere discusse e integrate. Sembra un bagno di democrazia, ma è una chiamata alla legittimazione dal basso, perché il neo segretario non si fida degli applausi dell’apparato centrale, che ha appena affossato Zingaretti.
Sa che dovrà operare un profondo cambiamento di persone, ma quella è una faccenda che sbrigherà alle prossime elezioni, con candidati provenienti dalla riserva civile della sinistra. Tempo al tempo. Ora la priorità è usare la discontinuità per puntellare un partito cadente. Poi inizieranno i grandi interventi strutturali. Dove si giocherà tutto il suo progetto. Senza rete.
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