È il momento di “fare un bilancio a circa quindici anni dalla nascita del Partito Democratico per andare a un congresso che non sia una resa di conti tra dirigenti, ma l’occasione per ridefinire i fondamenti e la funzione nazionale di una comunità politica”. Così Massimo D’alema conclude per il sito web di “Striscia rossa” la sua analisi politica sulla svolta imposta al Pd dal crollo registrato nelle elezioni politiche del 25 settembre. Non parla di scioglimento come Rosi Bindi e altri esponenti di prestigio della sinistra ma si aspetta un nuovo inizio che, se affrontato seriamente, è quasi la stessa cosa.
La destra ha vinto con la sua esponente più radicale “ma non ci si può stupire del populismo che è in fondo l’altra faccia della tecnocrazia, essendo tutti e due aspetti di una crisi della politica democratica. Difficile sconfiggere il populismo sulla base della difesa della buona amministrazione e dello status quo. Se non si mette in campo un progetto politico, una risposta forte al bisogno di protezione, di giustizia sociale, di diritti; se non si è in grado di suscitare una speranza di riscatto, in particolare nella parte più debole della società, si è destinati a perdere”.
Quella del centro sinistra e in particolare del Pd è stata “una sconfitta non solo elettorale, ma anche politica, non essendo riuscito a rimettere insieme forze con le quali ha collaborato ininterrottamente almeno negli ultimi tre anni della legislatura. Le forze politiche che rappresentano ciò che fu chiamato “campo largo” e che avevano sostenuto il governo Conte che fu chiamato “giallorosso”, hanno raccolto consensi che, sommati, hanno largamente sopravanzato quelli del centrodestra”.
Quella coalizione, prosegue D’Alema, che aveva affrontato “in modo efficace la sfida della pandemia e rappresentò con successo gli interessi italiani in Europa, avrebbero potuto rappresentare un argine e un’alternativa alla destra. Questo argine è stato demolito, non solo dal sabotaggio interno, ma da una azione di logoramento che ha dimostrato, attraverso una martellante campagna dei mezzi di informazione, tutto il fastidio che il potere economico aveva nei confronti di quella alleanza e di quella leadership”.
“Quando poi questa azione di logoramento è arrivata al suo epilogo, si è scelto di non fare nulla per ricostituire una coalizione competitiva di fronte all’incombere delle elezioni. Era evidente che si era manifestato un dissenso e una frattura, ma mentre nel campo del centrodestra sostenitori e oppositori di Draghi si sono trovati agevolmente insieme, da questa parte Draghi è stato il discrimine sulla base del quale si è chiuso ogni dialogo con Giuseppe Conte e il Movimento 5 Stelle.
“Eppure questo rapporto era fondamentale per il PD, anche per allargare le basi sociali di un centrosinistra che appare sempre più ristretto nella rappresentanza dei ceti medi urbani e che, invece, con Conte avrebbe potuto puntare a un consenso popolare in quei ceti sociali più deboli che il PD non appare più in grado di rappresentare”.
A mio avviso l’origine della crisi del centrosinistra va fatta risalire al momento in cui dopo la crisi dell’Unione ci si affrettò a dichiarare la sconfitta definitiva del progetto di una sinistra plurale inaugurato dall’Ulivo di Prodi e con Walter Veltroni proclamare la “vocazione maggioritaria” del PD. Si provvide subito a rafforzarla con uno statuto verticistico che anziché moderare le correnti svuotò di potere la base dei circoli riducendo di fatto il ruolo degli iscritti al volantinaggio e al montaggio dei gazebo, commenterà anni dopo il sarcasmo dello stesso D’Alema. Non sarà difficile poi a Matteo Renzi e al suo “contado toscano” (altra espressione dalemiana) occupare, “militarmente” il partito e inaugurare una politica “centrista” più gradita alla Confindustria che ai lavoratori, fino a portare il dissenso interno all’esasperazione e alla fuga groppuscolare. Fine della sinistra.
Ma torniamo al D’alema di oggi. Con la chiarezza esemplare che anche gli avversari gli riconoscono, l’ex presidente del consiglio prende decisamente le distanze dall’impostazione equivoca data da Enrico Letta al cosiddetto “campo largo”. “Il Pd – dice – si è mosso in una direzione opposta rispetto a quella dell’allargamento di una coalizione sociale. Ha cercato un’alleanza con Calenda che avrebbe probabilmente avuto come effetto un’ulteriore caduta elettorale per i democratici e avrebbe spinto Conte al 20%. Letta ha avuto la fortuna di non riuscire nei suoi intenti”.
“Il Pd di Letta si è liberato subito di Conte – ricorda D’Alema – poteva essergli più vicino, fargli da sponda su alcune delle richieste fondate dei 5S ed evitare così la crisi. Invece nulla, fino al voto. I dirigenti del Pd hanno pensato che la fine di Draghi provocasse un’ondata popolare nel Paese, travolgesse Conte e portasse il Pd, la forza più leale a Draghi, a essere il primo partito.
“Io non so – aggiunge – che rapporti abbiano i dirigenti del Pd con la società italiana. Mi domando persino dove prendano il caffè la mattina, perché il risultato ha detto esattamente l’opposto. La scena del voto è stata dominata dai due leader che hanno contrastato Draghi.
“Il Pd ha seguito il piffero magico dell’establishment e dei suoi giornali. Il problema è che le élite economiche e culturali del Paese, quelle che leggono i giornali, non hanno più rapporti con la realtà.”
Energia, l’Europa si divide. È scontro sui prestiti a garanzia Ue
da Remocontro
Divisi a Lussemburgo come a Bruxelles. Tra i vari Stati e perfino nella Commissione. Il dossier energia continua a spaccare l’Europa e, alle tensioni sul tetto al prezzo del gas e sullo scudo da 200 miliardi annunciato da Berlino si aggiunge un nuovo punto di attrito: la messa in campo di un fondo ad hoc, sul modello ‘Sure’, un prestito per far fronte al boom dei prezzi dell’energia.

‘Sure’, il modello proposto contro caro bollette
Gli Stati membri sono divisi sulla proposta dei commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton di ispirarsi a Sure — i prestiti per finanziare nei Paesi Ue le misure contro la disoccupazione durante il Covid — per uno strumento di debito comune contro i prezzi insostenibili di elettricità e gas. Qualcosa di simile al programma di prestiti lanciato nei primi mesi della pandemia di Covid-19, che fece poi da modello per ‘Next Generation Eu’.
Solo prestiti e non regali
A differenza di Next Generation Eu, però, ‘Sure’ è proposto esclusivamente di prestiti a tassi di favore, erogati agli Stati dalla Commissione, la quale può spuntare sui mercati dei capitali rendimenti decisamente inferiori a quelli dei singoli Paesi dell’Europa meridionale.
Scholz: ‘Scudo energia? Alcuni paesi già lo fanno’
E’ la prima volta che l’idea esce ufficialmente allo scoperto. Il nuovo fondo per la crisi energetica piace, tra gli altri a Italia e Francia. Ma al momento appare molto lontano: Palazzo Berlaymont è scettica, Germania e Olanda hanno già issato un muro. La riunione dei ministri delle Finanze a Lussemburgo è finita come è iniziata: con un’Europa che sul fronte energia stenta a trovare il bandolo della matassa.
Con l’inverno alle porte
Con l’inverno alle porte, l’Unione europea sembra ancora lontana da una soluzione comune per far fronte all’aumento dei costi delle bollette, anche se qualcosa sta cambiando forse proprio grazie al temuto aumento delle temperature.
Finale col dubbio
Il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombroskis, durante la conferenza stampa finale, ha riferito che ci sono «opinioni diverse». E il portavoce dell’esecutivo comunitario Eric Mamer ha spiegato che gli interventi scritti «sono iniziative personali dei commissari» e «non impegnano la Commissione».
Germania da sola, e Von der Layen?
Ma ha anche ricordato che la presidente Ursula von der Leyen ha sottolineato l’esigenza di «soluzioni europee che tutelino il mercato interno». Peccato che il ministro tedesco delle Finanze Christian Lindner ha bocciato l’ipotesi in modo netto (contrari anche Olanda, Austria e Svezia).
A Praga per tentare di ricucire
Ora la discussione passa ai capi di governo che domani e venerdì si riuniscono a Praga per un Consiglio europeo informale, a cui parteciperà ancora il premier italiano uscente Mario Draghi, tra gli ispiratori della proposta sul tetto al prezzo del gas che altri interessi nazionali invece contrastano.
Pazzia
di Massimo Marnetto
La festa di San Francesco e l’incalzare della guerra russo-ucraina verso scenari nucleari, impone un viaggio del papa a Mosca, con lo stesso coraggio e spirito di pace con cui il santo incontrò il sultano Malik al-Kāmil il 1219, nel bel mezzo della V Crociata. I rischi di fallimento e morte erano altissimi, ma Francesco decise lo stesso di attraversare le linee pur di incontrare il sultano e parlargli. Il sultano non gli torse un capello, lo ascoltò e anzi si dispose ad un accordo.
E’ possibile ripetere oggi un’impresa così temeraria e radicale? Immagino Francesco – che ha scelto lo stesso nome del santo – comunicare ufficialmente che il tal giorno partirà per Mosca senza concordare la visita, per incontrare Putin. Andrà disarmato e vulnerabile come il frate di Assisi, deciso a correre tutti i rischi necessari pur di parlare con il sultano di Mosca. Sarebbe una pazzia grandiosa da fermare il respiro della storia fino al suo compimento: la bomba atomica della pace.
Zelensky decreta picche al Papa
Giorgio Cremaschi su Olnews
Domenica il Papa ha chiesto il cessate il fuoco in Ucraina e si è rivolto direttamente a Putin, per fermare l’intervento militare, e a Zelensky, per accettare trattative. Ora il presidente ucraino ha formalmente risposto picche al Pontefice. Ha firmato un decreto che vieta ogni negoziato con la Russia e proclama la guerra ad oltranza.
È la prima volta che un governo fa una legge per vietare trattative di pace. Questo per altro vuol dire che se qualche cittadino ucraino avesse la sconsiderata idea di chiedere al suo governo di sedersi al tavolo con la Russia, sarebbe perseguibile per violazione di legge di guerra. Con anni di carcere per i più fortunati, con la sparizione per opera dei paramilitari nazisti per gli altri. Ricordate il negoziatore ucraino “liquidato” dai servizi segreti?
Zelensky e Biden hanno deciso la guerrafino alla sconfitta militare di Putin e della Russia. Cioè ci pongono solo due alternative tra cui scegliere: o la guerra infinita o la guerra nucleare. Tutte le altre parole, comprese quelle dei nostri governanti e dei loro giornali, sono solo servile propaganda di guerra.
Senza rompere con il sostegno militare al regime ucraino, non ci sarà mai nessuna prospettiva di pace.
- Reader’s – 24 marzo 2023.“Non c’è bisogno di essere cattolici bigotti e oltranzisti per essere contrari alla maternità surrogata”, scrive oggi su Facebook Gilberto Squizzato. “Si puó esserlo serenamente e con convinzione da laici e anche da femministe/i” e su questo debbo dire che anch’io, sperando di non scandalizzare nessuno dei compagni di sinistra, sono d’accordo con il mio vecchio amico. Non tutto, a mio avviso, dovrebbe poter essere comprato e venduto. E ha ragione, a mio avviso, Gilberto quando scrive che “forse Elly farebbe bene a non dare per scontato quello che scontato non è, aprendo una pacata, profonda e pluralista discussione dentro il PD”. / Deep fake (Marnetto) / Mosca-Kiev prigioniere in guerra nella sfida strategica Washington-Pechino / Processo per violenze nel carcere di S.M.Capua Vetere
- Reader’s – 23 marzo 2023Le guerre promesse. Cari amici, ci sono molte “ultime notizie” che prefigurano un mondo a perdere.La prima è che nella pianificazione nucleare degli Stati Uniti pubblicata dal Pentagono si dice: “abbiamo condotto un’analisi approfondita di un’ampia gamma di opzioni per la politica nucleare, comprese le politiche No First Use (non ricorso alle atomiche prima di un attacco nucleare altrui) e Single Purpose (uso limitato a una singola finalità) e abbiamo concluso che tali approcci si tradurrebbero in un livello di rischio inaccettabile alla luce della gamma di capacità non nucleari di concorrenti che potrebbero infliggere danni a livello strategico agli Stati Uniti e ai suoi alleati e partner”. Al riparo della minaccia nucleare si potrà invece “proiettare potenza” e combattere guerre convenzionali senza arrivare all’uso dell’atomica. / No alle munizioni all’uranio: sono armi chimiche – Lettera aperta all’Ambasciatore britannico / Polonia, corsa al primato militare, vuole più armi e più soldati. Le inquietanti milizie armate / Lettura e vita (Lamagna).
- Reader’s – 22 marzo 2023Investire in Acquedotti e depurazione, chiede la Coldiretti in occasione della Giornata mondiale dell’Acqua. D’altronde, si continua a ripetere da anni che la rete idrica italiana “fa acqua da tutte le parti” e di acqua, quindi, ce n’è sempre meno anche per questo banale motivo. Il PNRR ha previsto naturalmente interventi anche in questo settore e dalle regioni sono arrivate proposte di investimenti per ridurre di almeno il 15 per cento le perdite idriche degli acquedotti italiani per oltre 2,5 miliardi di euro. Ma sono stati stanziati finora soltanto 900 milioni in diverse rate. / Xi Jinping a Mosca oltre l’Ucraina per un mondo ‘multipolare’ non solo Occidentale-americano / Amnesty International denuncia: Iran: “Detenuti minorenni sottoposti a frustate, scariche elettriche e violenza sessuale durante la brutale repressione delle proteste”
- (senza titolo)m.facebook.com/story.php
- Reader’s – 21 marzo 2023Che vergogna dover ascoltare oggi al telegiornale la presidente del consiglio Giorgia Meloni parlare, a pochi giorni dalla strage di migranti di Cutro, di “aggressione migratoria”. Lo stesso termine che usava Marine Le Pen un anno fa scrivendo su Twitter (“Bisogna fare di tutto per andare in aiuto della Polonia, che deve affrontare una vera e propria aggressione migratoria!”). Con la differenza che allora si trattava del messaggio su twitter di una candidata alla corsa per l’Eliseo e oggi del capo di governo italiano in un’aula parlamentare. / È PARTITA L’OFFENSIVA DI PRIMAVERA, Fratelli d’Italia alla conquista della Rai. / Per non essere intrusi nella nostra storia (Antonio Cipriani)