Reader’s – 22 febbraio 2023. Rassegna web

Quanto potrebbe contare la posizione dell’Europa sull’avvio di un negoziato di pace tra Russia e Ucraina? Molto se l’Unione europea avesse una posizione comune o maggioritaria e la determinazione a farla valere. Niente finché per evitare che emergano divisioni al suo interno si limiterà a dichiarare un’ indiscutibile quanto generica solidarietà con l’Ucraina, la Nato e gli Stati Uniti (nell’ordine). E poiché risulta improbabile un dietro front della Russia di Putin dai territori già annessi a cominciare dalla Crimea come pretende Zelensky, non risulta da parte di quest’ultimo alcuna disponibilità a rinunciare a un ingresso trionfale nell’alleanza occidentale con l’ammissione nella Nato e nell’Unione europea.

Dunque, “la guerra continua”, come titola l’ultimo numero di Limes, con le sue centinaia se non migliaia di morti al giorno e la distruzione sistematica di un territorio e delle sue risorse, vasto più del doppio rispetto all’Italia. E con l’escalation aumenta il rischio nucleare, confermato dallo stesso Putin anche quando dichiara che la Russia non sparerà mai il primo colpo a meno che non sia in gioco l’esistenza della federazione Russa e anche se il presidente Biden insiste ancora nel dire che né gli Stati Uniti né la Nato sono e saranno mai in guerra contro la Russia. Lascio al vostro buon senso di credere o meno che le armi sempre piú moderne e potenti chieste e ottenute da Zelensky possano considerarsi “difensive” e non “offensive”. (nandocan)

«L’escalation bellica ci trascina tutti a fondo». In Spagna Podemos contro il governo

da Remocontro

La segretaria di Podemos e ministra Iole Belarra alla ‘Conferenza europea per la pace’ di Madrid incalza il premier Sanchez, contestando l’invio di armi spagnole e le posizioni definite appiattite sulla politica Usa, contestando anche il catalano Borrell, responsabile dell’Ue per gli Affari esteri. Vigilia di elezioni e rischio di crisi di governo

III Conferenza europea per la pace di Madrid

«Ci assicurano che non ci saranno mai soldati spagnoli che combattono in Ucraina (…) perché significherebbe, citando Joe Biden, la terza guerra mondiale. Ma non abbiamo nessuna certezza che manterranno la parola. L’escalation bellica è una bestia insaziabile che trascina tutti a fondo». Ione Belarra, oltre che segretaria di Podemos è anche ministra dei Diritti sociali, e venerdì, alla ‘III Conferenza europea per la pace’ a Madrid, ha aperto l’ennesimo braccio di ferro con gli alleati di governo del Partito socialista.

Escalation bellica

Il confronto con gli alleati è ancora sull’escalation bellica, in un momento in cui l’esecutivo Sánchez accentua il sostegno militare a Kiev senza tener conto della posizione delle sinistre. La polemica di Podemos con il Psoe è aperta su parecchi fronti ma il ‘nucleo duro del dissenso’ è il diverso approccio sulla guerra, definita dalla leader viola (il colore di Polemos NdR) «una gallina dalle uova d’ora per le lobby militari».

Elezioni in vista

A maggio ci saranno le amministrative, seguite dalle elezioni politiche, e Podemos, che è riuscita ad ottenere politiche sociali ed economiche e di diritti civili avanzate, sul capitolo guerra il premier Pedro Sánchez dettano la linea, tutta sili Usa e Nato. «Anche se la legge di Bilancio del 2023 ha previsto un aumento record della spesa sociale, il Psoe ha imposto anche un boom del 26% della spesa militare, portata da 10 a 12,8 miliardi di euro senza contare gli ulteriori stanziamenti nascosti nei bilanci dei vari ministeri», denuncia Marco Santopadre.

Borrel, Ue, a tutta guerra

Nelle settimane scorse Madrid è stata tra le prime capitali a dare il proprio assenso all’invio a Kiev dei Leopard e dei missili, la sua dotazione, di nuovo senza considerare la contrarietà del partito chiave dell’alleanza di governo. «Per conquistare la pace occorre prima vincere la guerra» aveva chiarito Josep Borrell, alto responsabile dell’Ue per gli Affari esteri e dirigente socialista catalano.

Spagna parte della soluzione o del problema?

Podemos torna a chiedere al Psoe un cambio di rotta sull’invio di nuove armi a Kiev. «Un grave errore che contribuisce all’escalation bellica, ha detto Belarra, che poi ha invitato gli alleati a costruire un’alternativa basata sul negoziato insieme al Brasile di Lula, all’Argentina di Fernández e alla Colombia di Petro». «La Spagna può diventare parte della soluzione e smettere di essere parte del problema (…) Non vogliamo vedere Madrid mandare truppe per nessuna guerra pianificata dai potenti di altri paesi, ed è proprio lì che ci sta portando l’irresponsabilità di alcuni» ha denunciato Belarra.

Madrid, né Washington né Mosca

Sotto attacco gli interessi di Washington, ma anche e soprattutto quelli di Mosca, denunciando la «guerra imperialista dichiarata ormai un anno fa dal regime russo nemico del progresso, dell’uguaglianza, dei diritti umani e della giustizia sociale».


Gedi, Costante: «Tavolo istituzionale e sensibilizzare i territori. In ballo posti di lavoro e informazione locale»

da FNSI

La segretaria generale Fnsi invitata dai Cdr del Gruppo alla riunione di lunedì 20 febbraio: «Il sindacato non può impedire a un editore di vendere, ma può e deve attivare tutti gli strumenti sindacali e politici a disposizione per dar voce alle giornaliste e ai giornalisti e vigilare su cessioni che mettano in pericolo continuità aziendale e agibilità informativa».

Gedi in vendita? Mobilitarsi da subito su due piani: sindacale, con un raccordo stretto fra Fnsi, Cdr e Assostampa regionali per azioni di lotta mirate a tutelare posti di lavoro e dignità del lavoro, dei dipendenti e dei collaboratori; e politico-istituzionale per sensibilizzare governo e parlamento e i rappresentanti dei cittadini, dai sindaci ai presidenti delle Regioni, affinché prendano posizione per la tutela di insostituibili presìdi territoriali di pluralismo e di democrazia, nella convinzione che l’informazione – e nella fattispecie quella locale – sia un patrimonio che non appartiene solo all’editore di turno ma anche alle comunità di cui narra e con cui è cresciuta.

E in questa battaglia è fondamentale la voce della cittadinanza, delle associazioni, degli altri sindacati, delle università, delle istituzioni civili e religiose.
Questo, in sintesi, il ruolino di marcia emerso nella riunione operativa di lunedì 20 febbraio 2023 fra il coordinamento dei Comitati di redazione del Gruppo Gedi e la neoeletta segretaria generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, Alessandra Costante, invitata dai Cdr all’incontro al quale hanno partecipato anche i responsabili delle Assostampa regionali di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Liguria.

«La scelta, non smentita, da parte della proprietà di mettere sul mercato le testate nordestine (la Nuova Venezia, il Mattino di Padova, la Tribuna di Treviso, il Corriere delle Alpi, il Piccolo di Trieste e il Messaggero Veneto) conferma la determinazione di smantellare quello che fino a poco tempo fa era il vanto di una delle realtà più solide dell’editoria italiana: il sistema delle testate e delle gazzette locali che si sviluppava dal Trentino alla Sardegna», ha rilevato il Sindacato giornalisti Veneto in un resoconto dell’incontro pubblicato sul proprio sito web.

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Deriva autoritaria in Israele, Paese lacerato, censura Onu, distanze Usa

da Remocontro

In centomila contro il governo e il premier dell’ultra destra a gestione religiosa, e Netanyahu, premier  inquisito in cerca di immunità giudiziaria che vuole imporre una riforma della giustizia per poterla controllare, rifiuta le proposte di moderazione del presidente e addirittura provoca. Un Paese spaccato in due, l’allarme della storica democrazia israeliana, «i primi passi verso un Paese non democratico» denunciano le opposizioni a quello che ormai viene definita una alleanza di regime fanatico-religiosa cripto-fascista.

L’Onu intanto dichiara che gli insediamenti israeliani in Cisgiordania ostacolano la pace, e per la prima volta con voto unanime, Stati Uniti compresi, che però bloccano una risoluzione di censura per Israele.

L’inascoltato presidente non abbastanza a destra

Isaac Herzog, presidente di Israele, domenica aveva esortato maggioranza ed opposizione ad evitare la polarizzazione e ad accettare la sua proposta di compromesso in cinque punti sulla riforma della giustizia portata avanti dal governo di estrema destra religiosa guidato da Benyamin Netanyahu. «Eppure, proprio ieri, più che nelle settimane passate, la polarizzazione temuta da Herzog è apparsa netta»,denuncia sul Manifesto Michele Giorgio da Gerusalemme. La decisione della maggioranza di confermare il voto sugli emendamenti alle Leggi fondamentali previsti dalla riforma, ha ribadito che il premier e il ministro della giustizia Yariv Levin da un lato affermano di voler dialogare con l’opposizione e dall’altro non fermano l’iter avviato in Parlamento.

Sfida in casa ebraica

«La maggioranza – ha avvertito l’ex premier centrista Yair Lapid – sta spaccando il popolo in due e ha creato una situazione nella quale uno odia l’altro. Sono i primi passi verso un Paese non democratico». Parole alle quali un importante parlamentare del Likud, David Amsalem, ha replicato accusando i giudici della Corte Suprema di essere «persone violente che pensano di essere Dio». Ma è proprio nel nome della loro lettura e culto di Dio che gli estremisti della supremazia ebraica rigorosamente ortodossa cercano di imporre la pulizia etnico religiosa.

Tensioni e aggressività laceranti

Scioperi e blocchi stradali ovunque, da nord a sud. A Gerusalemme davanti alla Knesset decine di migliaia di israeliani, centomila secondo i media, scandivano slogan e issavano cartelli contro il governo e a difesa dei poteri della Corte suprema, mentre all’interno del Parlamento più volte è stata sfiorata la rissa. I deputati delle opposizioni sono entrati nell’aula sventolando grandi bandiere. Proteste e urla dalla tribuna del pubblico e alcuni contestatori del governo sono stati trascinati fuori.

Alla vista di Netanyahu una donna gli ha urlato «Corrotto il tuo posto non è alla Knesset. Cosa hai da sorridere? Stai demolendo la democrazia».

Democrazia secondo Netanyahu

Per il premier invece sarebbero i leader della protesta «a calpestare la democrazia, la volontà espressa dal popolo con il voto, fanno ribellione civile, bloccano le strade e minacciano i deputati della Knesset». Si è riferito ad alcuni manifestanti che qualche ora prima avevano impedito alla deputata della maggioranza Tali Gottlieb di lasciare la sua abitazione assieme alla figlia autistica. Blocchi sono stati fatti anche davanti alla casa di Simcha Rothman, presidente della Commissione costituzionale della Knesset e architetto del progetto di riforma insieme a Yariv Levin. «Non c’è rispetto per la maggioranza, non si consente di votare, non è lecito di parlare. Basta con questo teatro dell’assurdo», si è lamentato Netanyahu.

Tale pater talis filius

Quindi è intervenuto il figlio del premier, Yair, noto per i suoi attacchi al vetriolo all’opposizione. Netanyahu jr. è arrivato a denunciare un presunto «colpo di stato» contro suo padre in preparazione da parte dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno. Per descrivere il personaggio, rinviamo al vecchio pezzo proposto in fondo pagina.

Come controllare politicamente la magistratura

Modifica della composizione del comitato che seleziona i giudici. In modo che sia composto da tre ministri, tre giudici, il presidente della Corte suprema e altri due giudici in pensione nominati con il consenso del ministro della giustizia e il presidente della Corte suprema, e tre parlamentari, eccetera. In modo che il governo avrà una maggioranza di almeno cinque membri su nove. Più di tutto le modifiche mirano ad impedire alla Corte suprema di esercitare il controllo giurisdizionale o di annullare le Leggi fondamentali. Oltre all’immunitù giudiziaria da garantire a Natanyahu.

Onu: gli insediamenti in Cisgiordania contro la pace

Non c’è stato il previsto voto al Consiglio di Sicurezza Onu su una risoluzione contro gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, scongiurato dopo una mediazione diplomatica americana. Si è invece passati a una dichiarazione non vincolante, approvata all’unanimità a Palazzo di Vetro, che recita: gli insediamenti israeliani sono un “ostacolo” alla pace.

«Le continue attività di insediamento di Israele mettono a rischio la fattibilità della soluzione dei due Stati», afferma il Consiglio nella dichiarazione. Nel testo si esprime inoltre ‘la costernazione’ per i piani del governo di estrema destra israeliano di legalizzare in modo retroattivo avamposti in Cisgiordania finora considerati illegali.

Gli Stati arabi nuovamente critici

La bozza di risoluzione (vincolante) era stata preparata dagli Emirati Arabi Uniti: chiedeva a Israele di «cessare immediatamente e completamente tutte le attività di insediamento nei territori palestinesi occupati». E ribadiva che «l’istituzione da parte di Israele di insediamenti nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, non ha validità legale e costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale».

Voto evitato anniversario salvato

Per evitare il voto e un probabile veto Usa, fonti diplomatiche hanno spiegato che Washington è riuscita a convincere sia Israele che i palestinesi ad accettare in linea di principio un congelamento di sei mesi di qualsiasi azione unilaterale. Da parte israeliana, ciò significherebbe un impegno a non espandere gli insediamenti almeno fino ad agosto, mentre da parte palestinese a non perseguire azioni contro Israele presso le Nazioni Unite e altri organismi internazionali.

L’amministrazione Biden è riuscita a prevenire il voto sulla bozza promossa dai palestinesi e dai loro sostenitori evitando una potenziale crisi diplomatica sugli insediamenti israeliani alle Nazioni Unite, che minacciava di oscurare gli sforzi occidentali per commemorare il primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina.


Parigi 3 (note di viaggio – fine)

Parigi Place Dauphine

di Massimo Marnetto

Vista la giornata primaverile, da buon pensionato vado a fare una visita al cantiere di Montmartre, passando per la banchina inferiore del lungosenna. Ci sono diversi tipi di battelli attraccati; alcuni adattati a ristoranti, altri sembrano abitazioni, mentre sul fiume scorrono cargo merci. Su un lato dell’argine ci sono le tacche delle piene, che rendono ancor più penoso il confronto con il basso livello attuale della Senna.

A Place Dauphine, entro in una cartoleria (ho un debole). Non resisto al richiamo di quaderni dalle copertine piene di animali. Attacco bottone con la gentile signora del negozio, che appena scopre la mia nazionalità, mi dice con entusiasmo: ”l’Italia è un piacere totale!”. Cerco di rimanere critico verso il mio Paese, ma mi fa piacere. Arrivo alla Cattedrale: ha la facciata già pulita e le alte gru metalliche volteggiano senza sosta. Si capisce che per i francesi è importante finire per le Olimpiadi 2024.

Risalendo Boulevard Saint Michel sono attratto dalla fila davanti a una boulangerie. Mi prendo una fetta di una pizza rustica con verza e formaggio scaldata: buonissima (ma sul caffè, benché appositamente chiesto ”espresso serré”, stendiamo un pietoso piumino danese…). Fa caldo, la giacca a vento è troppo. Mi siedo nel piccolo giardino vicino ai resti della Cattedrale di Cluny e vedo un giardiniere al lavoro. Lo guardo come fosse un cervo albino, perché a Roma sono rarissimi e ormai quando ne vedo uno, esprimo un desiderio. Vedo adolescenti da tutte le parti, ma qui è vacanza per due settimane. Un ciclista inchioda vicino a una signora che all’improvviso passa sulle strisce. Immagino la lite, ma nessuno si insulta. Pochi anche i colpi di clacson per impazienza, mentre passano tante sirene.

Nonostante la stanchezza, mi allungo fino all’edificio decò, che una guida asserisce essere stata la casa di Modigliani. Mi sembra troppo bella, mentre mi ricordo che il pittore livornese se la passasse male in quanto a soldi. Penso a quelle ”comitive” di artisti che in quegli anni si incontravano, confrontavano, litigavano e a quanta energia creasse quell’attrito di visioni. A cena rivedo il mio amico, ci vediamo in una creperie bretone che conosce lui. Si mangerà bene, ma sono sicuro che anche là ci saranno quei microscopici tavolini parigini, dove se metti un piatto e un bicchiere, non entra altro.


  • Reader’s – 18/19 marzo 2023
    “L’economia è fatta di aspettative, e se si rompe il rapporto fiduciario tra risparmiatori e banche, beh allora non c’è assolutamente modo di rimettere le cose a posto, in tempi brevi e senza traumi”. Così oggi Piero Orteca su Remocontro. Ed è “patologicamente” vero almeno da quando la finanziarizzazione dell’economia ha separato e comunque posto in secondo piano il valore oggettivo e concreto di beni e servizi rispetto a quello atteso o immaginato dalle contrattazioni in borsa. Tanto che, come si ripete stancamente ma inutilmente da decenni, non esiste quasi più alcuna corrispondenza tra l’economia reale e quella trattata dalle banche. E’ il capitalismo “di cartone” che procede impavido condizionando pesantemente la politica, per lo più incurante della sorte di imprese e lavoratori. Altro che “politique d’abord”. / Cavia Ucraina: il riciclaggio degli armamenti al collaudo assassino (Ennio Remondino) / Stavolta Piantedosi ce la può fare (Massimo Marnetto)
  • Reader’s – 17 marzo 2023
    Landini ci ha provato e ha fatto bene. Che a prendere l’iniziativa sia il segretario generale della CGIL è già una garanzia che almeno nelle intenzioni non si tratta di un restyling del vecchio PD, del tentativo cioè di rimettere insieme i cocci di una fusione fallita in partenza. Marnetto è pessimista, ma che Calenda si smarchi per la presenza di Conte e Conte sia tiepido per la presenza di Calenda era non solo ampiamente prevedibile ma anche comprensibile, se davvero si tratta di ricostruire una sinistra plurale ma coerente. Come si dice, errare è umano, perseverare diabolico. Se invece l’obbiettivo era più modestamente quello di accordarsi per l’opposizione a questo o quell’obbiettivo del governo Meloni, a cominciare dal presidenzialismo e dall’autonomia differenziata), allora sì, sarei d’accordo con lui, ma non aspettiamoci salti di gioia./ Un Medio Oriente libero dall’Occidente con più paci che guerre/ viaggio nell’inconscio
  • Reader’s – 16 marzo 2023
    QUEL GIORNO IN VIA DEI VOLSCI. Il 16.3.78 fu rapito Moro. Io ero in un appartamento in Piazza dei Re di Roma. Il mio amico S. entrò nella mia stanza con una radio da cui proveniva la notizia.Era così inverosimile che cercai di immaginare come avesse fatto a imbastire quello scherzo, era un burlone…/La maggioranza del mondo che non pensa occidentale e la titolarità della pace (Michele Marsonet)
  • Reader’s – 15 marzo 2023
    Riarmo forsennato per ammazzarci prima e meglio? Il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha chiesto per il 2024, 842 miliardi di dollari. La Francia si appresta a rilocalizzare sul proprio territorio una ventina di produzioni industriali militari. Confermata la vendita Anglo-americana di sottomarini nucleari all’Australia. Ma la magia di metà secolo saranno i super sottomarini ancora allo studio: costo stimato nei prossimi tre decenni tra i 167- e 229 miliardi di euro /Massimo Recalcati: «Confini rafforzati e porti chiusi: così la nostra vita s’impoverisce»/Assemblea di Articolo21, Costante: «Il precariato è il più grande bavaglio all’informazione»
  • Reader’s – 14 marzo 2023
    E’ possibile ingannare i poveri, dando loro la sensazione di volerli aiutare, ma ci vuole arte nel raggiro. Per esempio, come fa il Governo con la riforma fiscale allo studio. Strombazzare che si riducono le aliquote suona bene, perché sembra che si vogliano abbassare le tasse per tutti. E invece è il contrario, perché meno aliquote significa meno progressività. Ovvero allontanarsi dal principio previsto nella Costituzione per far pagare più tasse ai ricchi e meno ai poveri. /In seguito al rientro, annunciato da Roberto Speranza, di Articolo Uno nel PD, il numero due Arturo Scotto è entrato a far parte della Direzione nazionale. Ecco il suo intervento all’Assemblea nazionale /barchi in Italia ed Euro corruzione, trama di Mosca
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