Reader’s – 21 aprile 2022

Guerra televisiva, bombardamento a tappeto

Antonio Cipriani: “Tutto il giorno devastati da talk show e altri salottini mediatici in cui personaggi talvolta ambigui, spesso senza alcuna preparazione, straparlano di virus, di terrorismo o di guerra. Indifferentemente. Già, “est modus in rebus”, dovrebbero ricordarsene i colleghi televisivi che ogni sera sprofondano con le trasmissioni in ore di chiacchiere scontate e polemiche inutili per cui ha ragione Cipriani a lamentarsene su remocontro. Non tutti però. Andrea Purgatori su Atlantide , ha dimostrato anche ieri sera che si può mantenere l’attenzione critica sull’attualità senza scadere nel banale e nello scontro ripetitivo dei pregiudizi.

“È il calderone dell’intrattenimento che si fa ossessione – ribadisce Cipriani – senza mai passare per i fatti che il giornalismo dovrebbe narrare, fonti alla mano (se è ancora possibile nell’epoca della propaganda)….Insomma, le persone muoiono sotto le bombe e noi ci balocchiamo con ragionamenti in bianco e nero senza capo né coda. Affondando come comunità di persone, deragliando culturalmente, destinati al peggio.”

ORDINE DEI GIORNALISTI: NO ALLO SHOW DELL’ORRORE

Oggi, finalmente, una nota dell’esecutivo dell’Ordine dei Giornalisti interviene ad ammonire i colleghi: “Abbiamo più volte ribadito la necessità e l’importanza di raccontare i fatti della guerra senza censure, ma con umanità e professionalità, evitando di cadere nello show dell’orrore. Le norme deontologiche dei giornalisti indicano un percorso preciso: verità sostanziale dei fatti, nei limiti del possibile e delle fonti, e continenza nel linguaggio e nell’uso delle immagini.
“Richiamiamo soprattutto i direttori delle grandi testate, in particolare quelle televisive, ad un uso rispettoso e responsabile dei video e delle riprese, per il racconto del conflitto in Ucraina. E’ soprattutto in momenti come questi che dobbiamo riscoprire la nostra professione come un servizio da svolgere in modo attento e rigoroso.”

ll deficit è di sinistra?

Mentre con oggi riprende su nandocan la mia presentazione della breve storia dell’uguaglianza di Piketty, Massimo Marnetto si pone la domanda se fare altro debito pubblico riduce o aumenta le disuguaglianze. E “semplificando” risponde: “è di sinistra se serve a fare investimenti che si ripagano con i vantaggi che creano (innovazione, occupazione, welfare, ecc.); non è di sinistra, se serve solo a tappare i buchi della spesa corrente, per non disturbare gli evasori. Ma in entrambi i casi, aggiunge, “bisogna andarci piano, perché aumentare il debito significa sottrarre fondi per pagarne gli interessi; e soprattutto scaricare l’onere della sua riduzione sulle generazioni future…. Molto meglio sarebbe intervenire con tasse sui grandi patrimoni e con il recupero deciso dell’evasione fiscale di quei falsi poveri, che mettono le mani nelle tasche dello Stato”.

Perché facciamo il bene?

Dall’economia alla morale, temi che non sono poi così lontani tra loro. La parola va al nostro amico filosofo Giovanni Lamagna, deluso da un’affermazione di Umberto Galimberti ne “Il Viandante della filosofia” (conversazione con Marco Alloni; Compagnia editoriale Aliberti; 2021), che a pag. 99, così afferma: “… non credo che uno decida di fare il bene o il male, piuttosto sente di avere paura di fare il male e perciò compie il bene.”

“Trovo questa affermazione molto deludente; perché banale, superficiale, approssimativa, non degna pertanto del livello intellettuale di chi l’ha fatta”. Contesta Lamagna: di quale paura di tratta? Paura di commettere un peccato, paura di subire una punizione, paura come senso di colpa? Per cui io, più che di paura, avrei parlato di paure; perché le paure possono anche essere molto diverse tra di loro.

La convinzione interiore che “fare il bene” ci “fa stare bene”

In secondo luogo, prosegue Lamagna, mi sarei chiesto: può essere ancora definito “bene” quello che viene fatto per pura e semplice paura? In questo caso la mia risposta sarebbe stata netta: no, non è realmente “bene” quello che viene fatto solo o principalmente per paura! In terzo luogo ed è questa l’obiezione principale che muovo a Galimberti – non è affatto vero che il bene si fa essenzialmente e manco innanzitutto per paura. Anzi, io credo che il vero bene si faccia non per paura, ma per il piacere di farlo, perché si è raggiunta la convinzione interiore che “fare il bene” ci “fa stare bene”, ci rende felici (per quanto sia possibile esserlo a noi mortali), che “fare il bene” realizza la nostra vocazione interiore profonda, quella che gli antichi Greci chiamavano “il nostro daimon”.

  • Reader’s – 8 giugno 2023 – rassegna web di nandocan magazine
    È saltata la diga sul Dnepr. La rovina che ne è derivata da un lato potrebbe ostacolare la controffensiva ucraina nella zona di Kherson, dall’altro potrà togliere l’acqua potabile alla Crimea russa, assetandola. Non si può dire perciò a chi giovi questa catastrofe, mentre essa colpisce tutti e due, come nel giudizio di Salomone fare a pezzi il bambino voleva dire toglierlo a tutte e due le madri. In ogni caso siamo all’avvelenamento dei pozzi, al “muoia Sansone con tutti i Filistei”, ai pozzi di petrolio incendiati dagli iracheni sconfitti nell’abbandonare il Kuwait nel 1991./La diga, le centrali nucleari e l’incubo Cernobyl (Rem) / Draghi e la guerra (Marnetto)
  • Reader’s – 7 giugno 2023 – rassegna web di nandocan magazine
    Anche “in Tunisia, la Meloni ha sperimentato la ”conferenza stampa – selfie”, cioè senza giornalisti”, commenta Marnetto.Passo dopo passo, anche i giornalisti si abitueranno all’idea di un governare sempre più disinvolto e meno democratico. D’altra parte, è quello che si aspettano i suoi elettori. O no? /‘Il mondo deve restare americano e gli europei sono avvertiti: con noi o contro di noi’, Enni Remondino, su Remocontro, riferisce sulle minacce di Robert David Atkinson, economista canadese-americano presidente della Information Technology and Innovation Foundation, think tank di politica pubblica con sede a Washington, ospitato su Limes./
  • Reader’s – 6 giugno 2023. Rassegna web di nandocan magazine
    La pace in Ucraina si raggiunge per fasi. La prima delle quali è sminare il conflitto dal fatalismo bellico, il sentimento per cui non ci sono alternative alle armi.La missione di Zuppi doveva essere quella di un emissario europeo, ma la Ue – in perfetta adesione alla Nato – ha preferito assecondare il concetto di vittoria. Invece il Vaticano vuole sparigliare e rompere (finalmente) l’immobilismo imbambolato delle pubbliche opinioni, prendendo iniziative e rischi. (Marnetto) /Covid, guerra e disuguaglianze, Occidente mangia Africa (Remocontro) /
  • Reader’s – 5 giugno 2023 – rassegna web di nandocan magazine
    I poveri e l’ideologia del merito. Merito deriva da merere, cioè guadagnare, da cui derivano anche mercede e meretrice. La meritocrazia è l’ideologia del merito che, come tutte le ideologie, prende una parola che ci piace e ci affascina, la manipola e la perverte. E così, in nome della valorizzazione di chi è meritevole e povero, l’ideologia meritocratica è diventata la legittimazione etica della diseguaglianza.Don Milani, di cui festeggiamo quest’anno il centenario, queste cose le sapeva molto bene. Sapeva che i suoi ragazzi di Barbiana non erano demeritevoli: erano soltanto poveri; non erano colpevoli, erano soltanto poveri.(Bruni) /L’Ue vota l’economia di guerra: «Fondi Pnrr per le armi». Dal welfare al warfare (Rem) /
  • Reader’s – 4 giugno 2023. Rassegna web di nandocan magazine
    L’Ucraina è pronta a lanciare la sua attesa controffensiva: lo ha affermato il presidente Zelensky in un’intervista al Wall Street Journal. «Crediamo fermamente che avremo successo», ha commentato il leader ucraino da Odessa. Zelensky ha riconosciuto la superiorità aerea russa e la mancanza di protezione da questa minaccia: «Significa che un gran numero di soldati morirà nell’operazione». «Ad essere onesti, può andare in vari modi, completamente diversi. Ma la faremo e siamo pronti». /Violenza sulle donne. Il problema riguarda solo gli uomini? (Lamagna) / Caro Massimo…(Lello Arena)

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