Reader’s – 20 aprile 2023

Rassegna web di nandocan magazine

Stereotipi caduti

Raniero La Valle per Costituente Terra

Newsletter n. 113 del 19 aprile 2023

Cari amici,

lo smantellamento della protezione speciale per gli immigrati, appassionatamente perseguito dal governo, in realtà era stato sancito nel decreto legge varato dal macabro Consiglio dei ministri riunito a Cutro dopo il tragico naufragio. Si trattava di un messaggio rivolto ai cadaveri appena finiti sulla riva. Diceva loro: “siete venuti per godervi la protezione speciale, e noi ve la togliamo”. Di questa norma, in attuazione della linea Piantedosi, nessuno, tranne l’Avvenire, si era accorto, mentre l’attenzione generale si era rivolta alle fantasiose norme penali che la presidente Meloni voleva andare a far valere in tutto l’orbe terracqueo. Se ne sono accorti ora, quando il decreto legge è arrivato all’aula del Senato, e a questo punto l’unica speranza è che non sia convertito in legge.

Norme umanitarie, disumano abolirle

Le norme abrogate sono quelle, non a caso chiamate umanitarie (sicché è ora disumano abolirle), per le quali anche gli immigrati che non godevano della protezione internazionale ordinaria in virtù del diritto di asilo, non potevano essere espulsi dall’Italia se si erano inseriti in modo “effettivo” nella sua vita sociale, e se vi avevano contratto o potevano eccepire effettivi vincoli di natura familiare, sicché il loro allontanamento coatto avrebbe comportato “una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare del migrante”.

Mettere ora i migranti fuori del diritto, significa renderli clandestini, ascritti a una “regola non bollata”, non più “occupabili”, se non in nero, e ridurli a “paria” (come i russi per Biden), esiliati e apolidi.

Aggiunto alla proclamazione dello stato di emergenza, alla lettura come errori di grammatica del fascismo di ritorno celebrato al vertice delle istituzioni, e a tutto il resto, lo smantellamento della protezione per  i naufraghi, i profughi , i migranti e i loro familiari, fa cadere  anche l’ultimo stereotipo  della celebre definizione che Giorgia Meloni in spagnolo ha dato di se stessa.

“Donna, madre, cristiana”

Infatti una donna non si fa chiamare “il Signor Presidente del Consiglio”, una madre non manda armi che imparzialmente vanno a uccidere bambini e altri figli di mamma che si combattono tra loro, una italiana non fa la sovranista in Italia e la suddita (o vassalla, come dice Macron) degli Stati Uniti e del norvegese Stoltenberg, e una cristiana non toglie protezione a nessuno, anzi addirittura dovrebbe soccorrere il prossimo, amare i nemici e considerare fratelli gli stranieri. E non va in Abissinia (come i fascisti chiamavano l’Etiopia) ad abbracciare  i bambini neri “a casa loro”.

Una domanda per Berlusconi

Resta però una domanda che riguarda Silvio Berlusconi. Le sue condizioni sono migliorate e l’augurio sincero (non come quello di certi “coccodrilli” troppo precipitosi) è che guarisca del tutto e torni al suo ruolo e alle sue responsabilità politiche. E la domanda è: che cosa c’entra Berlusconi con queste impietose politiche del governo? Non voleva interpretare una destra liberale, democratica, inclusiva, non voleva con le sue televisioni e promesse di governo raccontare un mondo di felicità e festose relazioni?

Che cosa c’entra con l’accanimento contro i migranti e i naufraghi, cosa c’entra con la guerra ad oltranza che uccide l’Ucraina e vuole eliminare la Russia, che cosa c’entra con la riabilitazione del fascismo il cui abbandono da parte di Fini a Fiuggi consacrò sdoganando il Movimento Sociale-Alleanza Nazionale? Che c’entra con questo governo di destra retrodatata? Nella sua esperienza di governo egli ne ha fatte molte di cattive e sbagliate, ma come non vedere che quest’ultima, tenendo in piedi questo governo, è la peggiore, e perfino tradisce la coscienza che egli ha di sé? Non lo diciamo per tornare sulla sua vicenda personale, ma perché ne va della democrazia italiana.

Nel sito pubblichiamo di Gaetano Azzariti un articolo su “Un altro regionalismo è possibile”, di Domenico Gallo un articolo su “Guerra e finzione di guerre”, di Raniero La Valle una relazione a Brescia su “Origini vicine e lontane della guerra in Ucraina” e di Alessandro Marescotti un articolo sul fallimento dell’invio di armi.

Con i più cordiali saluti,
Costituente Terra (Raniero La Valle)


Con due figli niente tasse

di Massimo Marnetto

Con due figli, niente tasse. Il Governo di destra continua a lanciare coriandoli. Non risolvono i problemi, ma colorano il niente. Come le uscite sulla lotta alla disoccupazione mandando i giovani a combattere la battaglia del grano (Lollobrigida); la denuncia del pericolo di sostituzione etnica che minaccia la razza (sempre lo stesso Genio); la sostituzione di genere colmando i vuoti di personale mandando le donne nelle fabbriche (la Meloni tanto intelligente).

Ora anche il mesto Giorgetti si è fatto coraggio e propone di non tassare chi fa due figli. Cioè, vuole togliere le tasse a chi già non le paga, perché non ha un lavoro, ignorando che il primo anticoncezionale è la povertà. Ma è il principio di fondo che colpisce, perché nel provvedimento si intravede la ”tassa sul celibato”, di quando c’era ”lui”. Niente, anche se la destra cerca di coprire con il deodorante nuovista il proprio odore di passato, come alza il braccio emana il pungente afrore nostalgico.


Filippine in rivolta, non campo di battaglia Usa contro la Cina

Piero Orteca su Remocontro

Washington rafforza le sue posizioni nell’Indo-Pacifico, una tenaglia sulla Cina dal Giappone all’Australia, passando per Corea del Sud e Filippine. Washington possiede, caso unico al mondo, circa 700 installazioni militari in 80 diversi paesi nei cinque continenti. Solo in Corea del Sud 56 mila soldati Usa, oltre i 25 mila in Giappone.
82 milioni per sistemare le vecchie cinque basi nelle Filippine. Il 2 febbraio l’accordo per quattro nuove basi Usa. Tre nell’isola settentrionale di Luzon, a soli 400 km da Taiwan, la quarta sull’isola di Balabac, vicina all’atollo delle Spratly, al centro del contenzioso territoriale tra Cina e Filippine.
Ma ora il neo presidente Marcos, figlio di dittatore, rischia la rivolta popolare.

Da Duarte e Marcos, autoritarismi contrari

Il dietrofront di Manila. Durante il suo mandato, il discusso presidente Rodrigo Duterte aveva dato vita ad una svolta nelle relazioni internazionali, allontanandosi da Washington e stringendo maggiori relazioni con Pechino, rileva ‘Pagine Esteri’. Ma da quando è entrato in carica nel luglio del 2022 il nuovo presidente Ferdinando Marcos Jr (figlio dell’ex dittatore Ferdinando Marcos, deposto nel 1986) ha invertito la rotta ripristinando e sviluppando la tradizionale alleanza politica e militare con gli Stati Uniti.

Basi Usa ‘a proteggere i pescatori’

«Amici di tutti e nemici di nessuno». È questo il ‘mantra, che di fronte alla speciale Commissione del Senato filippino, ha ripetuto, per tutta la durata della sua audizione, il Ministro degli Esteri, Enrique Manalo. In discussione la generosa concessione di quattro grandi basi militari, ‘chiavi in mano’, all’America. Si vanno ad aggiungere ad altre cinque grosse installazioni, tutte realizzate sotto l’EDCA, l’Enhanced Defence Cooperation Agreement del 2014. Nelle basi, le forze armate di Washington, formalmente, hanno pochi vincoli e in sostanza, possono fare quello che vogliono. Tanto, nessuno le controlla. Al limite, potrebbero anche stoccare armi nucleari tattiche. Ergo, il trattato di mutuo soccorso bellico, fa diventare le Filippine, in pratica, una specie di Fort Apache dell’Indo-pacifico. Per difendersi o per attaccare chi?

Le quattro nuove basi sono tutte piazzate a ridosso del Mar delle Filippine occidentale. Vicine, molto vicine all’area geograficamente denominata ‘Stretto di Taiwan’.

Svolta militare Usa e Filippine prima linea

A questo punto, penso che abbiano capito tutti l’accelerata che Joe Biden ha voluto dare, all’amicizia filippino-americana. Lo sterminato arcipelago asiatico è stato trasformato in una fortezza a stelle e strisce, incaricata di arginare l’espansione cinese. Fare una guerra convenzionale, nel Mar cinese meridionale, sarebbe una cosa molto complicata per il Pentagono. Basi sparse a macchia d’olio, linee di rifornimento lunghissime, logistica problematica. Insomma, una piattaforma bellica come le Filippine sarebbe proprio indispensabile. Ma a Manila, sia nelle strade che in Parlamento, la gente reagisce e si pone mille domande. Tutti sanno che il vero convitato di pietra è la Cina, e che una malaugurata ‘miscalculation’, un errore, potrebbe scatenare una guerra per sbaglio. Anche per questo, iI Ministro Manalo è stato torchiato dall’opposizione, alla quale ha cercato di fornire le sue assicurazioni. Di facciata. Perché non ha convinto nessuno.

Specie quando ha detto che qualsiasi mossa militare degli Usa, in partenza dalle Filippine, avrebbe dovuto essere concordata e autorizzata dal governo del Presidente Ferdinando Marcos.

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80 anni fa la rivolta ebraica del ghetto di Varsavia contro i nazisti

Ennio Remondino su Remocontro

Il 19 aprile del 1943, ottant’anni fa, iniziò la rivolta del ghetto di Varsavia, in cui circa settecento ebrei si ribellarono agli occupanti nazisti e alle deportazioni nei campi di concentramento. Soprattutto giovani che formavano piccoli gruppi di resistenza, male armati ed equipaggiati in maniera approssimativa: la rivolta durò quasi un mese. L’intero quartiere del ghetto fu raso al suolo e migliaia di ebrei furono catturati, uccisi o deportati nei campi concentramento di Poniatowa, Trawniki e Majdanek, sempre in Polonia. Ma la rivolta del ghetto di Varsavia è diventata per la storia ebraica e mondiale un episodio simbolico di resistenza alle persecuzioni antisemite. Dalla ricostruzione puntuale del Post

Il più grande ghetto ebraico d’Europa

Il ghetto di Varsavia era il più grande ghetto ebraico dell’Europa occupata dai tedeschi. Istituito alla fine del 1940 e divenne obbligatorio per tutti i residenti ebrei della cittàe poi anche di altre zone. Si trovava nel centro antico e cadente della la capitale, e si estendeva per 3,4 chilometri quadrati, circondato da un muro alto oltre 3 metri, ricoperto di filo spinato e sorvegliato dai soldati nazisti per impedire agli ebrei di uscire. Si stima che fossero circa 400mila, rinchiusi in stanze per circa 7 persone ciascuna.

Dominio delle SS

Dal ghetto di Varsavia la polizia tedesca e le SS deportarono centinaia di migliaia di ebrei, soprattutto nel centro di sterminio di Treblinka, nel nordest della Polonia. Solo durante la Grossaktion, la ‘Grande azione’, cioè la deportazione durata da fine luglio a metà settembre del 1942, ne furono deportati circa 265mila. Altri 35mila furono uccisi all’interno del ghetto, dove all’inizio del 1943 i sopravvissuti erano circa 80mila.

Polonia occupata

All’epoca della rivolta la Polonia era un territorio occupato dall’inizio della Seconda guerra mondiale, provocata proprio dall’invasione nazista del paese a settembre del 1939. Dopo poco l’Unione Sovietica rispose invadendo a sua volta la parte orientale del paese, che per anni subì l’occupazione straniera di due forze ostili all’autonomia e alla cultura del popolo polacco.

Si stima che nel periodo tra il 1939 e il 1945 morirono circa sei milioni di polacchi, oltre il 20 per cento della popolazione. Metà di questi sei milioni erano ebrei.

La rivolta nel ghetto

Alla rivolta si arrivò gradualmente. Già verso la fine del 1942 molti ebrei nel ghetto iniziarono a formare organizzazioni clandestine. Una delle prime fu l’Organizzazione Ebraica di Lotta (ZOB, Zydowska Organizacja Bojowa), la più numerosa tra quelle che parteciparono alla rivolta l’anno successivo. Dai primi 200 sino a 500 clandestini. Sempre nel 1942 si costituì anche l’Unione Militare Ebraica (ZZW, Zydowski Związek Wojskowy), che partecipò alla rivolta con circa 250 arttivisti. A queste due organizzazioni se ne unirono poi altre più piccole, con posizioni ideologiche anche molto diverse tra loro: c’erano sionisti, cioè sostenitori di una patria ebraica in Israele, e non-sionisti, gruppi di ispirazione comunista e conservatori.

Armi ed esplosivi

Per ottenere le armi ed esplosivi, questi gruppi riuscirono dopo vari tentativi a mettersi in contatto con l’Armata Nazionale (AK, Armia Krajowa), il principale movimento di resistenza alla Germania nazista nella Polonia occupata, attivo già dal 1939. Un primo tentativo di rivolta organizzata ci fu nel gennaio del 1943, quando le SS e la polizia tedesca organizzarono una nuova tornata di deportazioni, questa volta nei campi di concentramento dell’area di Lublino, nel sudest della Polonia.

Infiltrati all’Umschlagplatz

Un piccolo gruppo di combattenti armati di pistole si infiltrò nella colonna di ebrei diretti all’Umschlagplatz, il punto del ghetto in cui venivano raccolte le persone da deportare, e a un segnale prestabilito iniziò a sparare. La maggior parte dei combattenti fu uccisa nello scontro a fuoco con le forze tedesche, ma nella confusione alcuni ebrei riuniti nella piazza riuscirono a disperdersi e ad evitare temporaneamente la deportazione.

Le deportazioni furono sospese per un breve periodo e questo incoraggiò altri abitanti del ghetto a unirsi ai movimenti armati, che nelle settimane successive costruirono bunker e rifugi sotterranei per nascondersi e organizzare altre rivolte.

Guerriglia contro carri armati

A metà aprile la ZOB seppe di un’ulteriore grossa operazione di deportazione pianificata dalle SS, ed esortò i residenti del ghetto a ritirarsi nei bunker e nei nascondigli. I tedeschi, a loro volta, si organizzarono per far fronte a un’altra eventuale rivolta e nominarono a capo delle SS del ghetto di Varsavia il generale Jürgen Stroop, che aveva già avuto esperienze di repressione di insurrezioni e lotte partigiane negli anni Trenta. Stroop raggruppò sotto il suo comando circa 2mila soldati e poliziotti e li armò pesantemente, con artiglieria e carri armati.

Il 19 aprile 1943

Il 19 aprile del 1943 iniziò la rivolta della ZOB, guidata dal ventiquattrenne Mordecai Anielewicz e a cui parteciparono circa 700 giovani ebrei, tra cui molte donne. Erano armati solo di pistole, qualche fucile e granate, molte delle quali artigianali e costruite nelle settimane precedenti. La maggior parte di loro non aveva sufficiente addestramento militare, ma nonostante questo il primo giorno della rivolta combatterono agguerriti e con intensità, costringendo i tedeschi a ritirarsi fuori dalle mura del ghetto. Secondo il racconto del generale Stroop solo nel primo giorno di rivolta vennero uccisi o feriti 12 soldati tedeschi.

Guerriglia per 27 giorni

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  • Reader’s – 30 maggio 2023
    Con zelo degno di miglior causa, la grande stampa si affretta ad attribuire a una segretaria fresca di nomina l’insuccesso alle recenti amministrative. Trascurando il particolare che altro è guidare un partito al governo e altro all’opposizione. / Effetto Elly per la sconfitta alle amministrative? No, il PD paga ancora l’effetto Renzi. Ovvero un partito indefinito non fuori (alleanze), ma dentro (obiettivi). Come se ne esce? (Marnetto) / Sono disposti gli americani a sacrificare per l’impero? Questo uno degli interrogativi chiave del nostro tempo. La domanda su Limes e le risposte ragionate di Federico Petroni in una non facile sintesi senza nostri tradimenti, speriamo. / L’importanza e la verità dei miti (Lamagna)
  • Reader’s – 29 maggio 2023. Rassegna web di nandocan magazine
    Domenica da morituri, su Rai3. Fazio saluta a esequie avvenute; Annunziata dopo le dimissioni è spacciata; e neanche Augias e Zanchini stanno tanto bene. /F16 all’Ucraina, non ‘l’arma miracolosa’: riciclo dell’usato a ripristino Usa e spese europee (Remocontro) /Lettera aperta a Fausto Bertinotti (Lamagna)
  • Reader’s – 29 maggio 2023. Rassegna web di nandocan magazine
    Sono gli stessi ragazzi raccontati come sfaticati, quelli che mentre i governanti tagliano boschi e cementificano le aree alluvionali, asfaltando anche sentieri più sentieri, si pongono il dubbio del futuro, del loro futuro. Sono quelli che mentre il ceto politico del Paese affastella condoni e altre forme di costruzioni assurde, ponti inutili e opere faraoniche, getta vernice lavabile per dire al mondo: ci siamo anche noi. E mentre sale l’onda mediatica del disprezzo per azioni simboliche per il bene comune di tutti, crescono i silenzi sulle cause dello sfacelo italiano, ribadisco: sfacelo culturale, amichettistico, ambientale, affaristico. / MELONI: “Libereró la cultura dal potere intollerante della sinistra”(Squizzato) / Statue di fango (Marnetto) /Le uniche regole a cui dovrebbe obbedire la nostra coscienza.(Lamagna)
  • Reader’s – 27 maggio 2023
    Personaggi in vetrina.I colleghi che mi hanno conosciuto in RAI in tempi remoti, a cominciare da quelli del Tg2 come Sergio Criscuoli, sanno quanto il tema da lui indicato nel titolo che segue mi sia familiare. Aggiungo allora una mia breve considerazione ai commenti pubblicati in questi giorni sull’uscita dall’azienda di “personaggi televisivi ad alto indice di gradimento”. Una lunga esperienza mi dice che la popolarità di questi ultimi si raggiunge molto difficilmente, per non dire mai, senza meriti professionali ma neppure in assenza di una carriera, breve o lunga che sia, affidata al compromesso con metodi e sistemi oggii variamente esecrati…/RAI: uomini, donne, stagioni e “costituzione materiale” (Criscuoli) / La madonnella degli evasori (Marnetto) /La mafia all’ombra della guerra. Timori Usa sull’intraprendenza dei servizi segreti ucraini (Remocontro) / Noi e la vecchiaia (Lamagna)
  • Reader’s – 26 maggio 2023
    ANCHE LA DESTRA OCCUPA LA RAI. Lo sapevamo. L’occupazione della RAI da parte del governo di destra, con la nomina dei nuovi vertici delle testate giornalistiche (gli altri seguiranno a scala), era soltanto questione di tempo. Questo infatti prevede la riforma Renzi, che affida tutti i poteri a un A.D. indicato da Palazzo Chigi, aggravando ulteriormente quella lottizzazione politica da parte dei partiti di maggioranza che è storia di sempre.Per l’Usigrai le nomine di ieri sono “inaccettabili e senza prospettiva” / INTANTO (Marnetto) / Venti anni di armi italiane in Medio Oriente e Nord Africa (Remocontro)
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