“Il vortice della guerra in Ucraina ci sta risucchiando. Rischiamo la distruzione di noi stessi. Siamo sulla soglia del punto di non ritorno. Alla politica chiediamo di raccogliere l’appello di Papa Francesco e fare tutto ciò che è in suo potere per ottenere l’immediato cessate-il-fuoco”. Così il comitato promotore della Marcia PerugiAssisi, annunciando un’edizione straordinaria per il 24 febbraio prossimo, ha invitato alla mobilitazione per fermare il conflitto in Ucraina. “Serve un’azione coordinata e globale”, ha aggiunto. Ma come?
Aiutare l’Ucraina è giusto ma lo stiamo facendo nel modo giusto?*
dal Comitato promotore della Marcia PerugiAssisi
La politica deve riconoscere che: è interesse degli ucraini ma anche dei russi e nostro che la guerra finisca al più presto e che si ricominci a costruire la pace con “soluzioni concordate, giuste e stabili”. La guerra alla guerra di Putin non lo sta fermando. L’invio nel campo di battaglia di armi sempre più potenti e sofisticate alimenta l’escalation militare, moltiplica gli orrori e innalza il livello dello scontro; l’escalation militare minaccia di trascinarci in guerra.
No all’invio di altre armi e all’ingresso in guerra della Nato
I cittadini europei sono sempre più preoccupati per l’estensione della guerra e l’aumento della povertà e, in particolare, la maggioranza degli italiani è contraria ad ulteriori invii di armi e all’ingresso in guerra della Nato; è sempre più urgente decidere come impedire l’estensione della guerra al resto dell’Europa e del mondo con uno scontro aperto tra Russia e Nato e prima che le tensioni internazionali ci portino, come ha denunciato papa Francesco, all’autodistruzione.
La sola via di uscita dalla guerra totale è il negoziato politico
Dobbiamo fermare l’escalation delle uccisioni, delle distruzioni di decenni di lavoro di molte generazioni; ogni giorno che passa diventeremo più poveri e vulnerabili; ogni giorno che passa sarà più difficile trovare un accordo; la sola via di uscita dalla guerra totale è il negoziato politico; la politica ha il dovere (anche costituzionale) di assicurare la pace e di proteggere i cittadini; gli Stati democratici devono contrastare la barbarie con il diritto e non avvallarne la distruzione.
La nostra Costituzione ripudia la guerra come la Carta delle N.U.
La nostra Costituzione ripudia la guerra e impegna l’Italia a promuovere un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni e a favorire le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. La Carta delle Nazioni Unite vieta la guerra e obbliga gli Stati e risolvere pacificamente le controversie internazionali; il Diritto internazionale dei diritti umani riconosce il diritto alla vita come diritto fondamentale della persona e dei popoli e obbliga gli Stati a difendere la vita.
Il mondo è in guerra, non c’è solo l’Ucraina
Il rispetto del diritto alla vita comporta la realizzazione di tutti i diritti umani; non c’è solo l’Ucraina: come da lungo tempo denuncia papa Francesco, «il mondo è in guerra» ed è inaccettabile continuare a ignorare tutti i popoli martoriati da tante armi, guerre e violenze che implorano il nostro aiuto (la guerra è dappertutto e la facciamo anche contro i poveri, il clima, le donne, i rifugiati…).
Quale pace?
La politica deve, quindi, dare inizio e corpo a un serio, ampio e intenso lavoro per la pace. Un lavoro lungimirante. Quale pace? La pace che dobbiamo ricostruire comprende:
- il ritiro dell’esercito russo dall’Ucraina;
- il ripristino della legalità internazionale;
- il rispetto del diritto all’autodeterminazione dei popoli;
- il riconoscimento e rispetto dei diritti delle minoranze in Ucraina;
- il dispiegamento sul terreno di una Operazione di Pace delle Nazioni Unite istituita con Risoluzione del Consiglio di sicurezza e con il compito di svolgere un’azione di interposizione, monitorare la cessazione delle ostilità, verificare il ritiro delle truppe russe, assicurare l’accesso umanitario alle popolazioni civili e il volontario e sicuro ritorno delle persone sfollate;
- la fine della corsa al riarmo e del traffico di armi e il disarmo generalizzato;
- un impegno di neutralità e rinuncia all’arma (o a una protezione) nucleare da parte dell’Ucraina in cambio di una garanzia internazionale della sua integrità territoriale;
- un impegno da parte del governo ucraino di ristrutturare il Paese sulla base di uno Stato federale rispettoso delle culture locali in applicazione del principio di sussidiarietà sul modello svizzero;
- l’istituzione di una Commissione per la Verità e la Riconciliazione sotto l’egida delle Nazioni Unite (guerra 2014-2023);
- la ricostruzione di un sistema di sicurezza in Europa (il dialogo multilaterale dovrà portare ad una “Helsinki 2” come proposto dal presidente Mattarella nel discorso pronunciato all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa il 27 aprile 2022);
- l’allestimento del sistema di sicurezza collettiva previsto dal capitolo VII dalla Carta delle Nazioni Unite.
Cessate-il-fuoco.
Ottenere il “cessate-ilfuoco” vuol dire fermare i combattimenti e promuovere la de-escalation militare. Sappiamo che è difficile ma necessario. Per questo dobbiamo fare ogni sforzo per ottenerlo. Per ottenere il “cessate-ilfuoco” servono autorità, visione, proposta (capace di offrire un domani migliore di ieri per tutte le parti in conflitto), volontà di collaborare e potere persuasivo. Sarà necessaria la pressione di molti. Nessun paese può fare da solo ma ciascuno può e deve fare il massimo sforzo. L’Italia può essere il primo Paese che promuove apertamente le proposte di papa Francesco.
Per ottenere il cessate-il-fuoco, il Governo, il Parlamento, la Presidenza della Repubblica e le forze politiche possono:
- 1. promuovere, favorire, accettare trattative ad ogni livello e in ogni tempo;
- 2. promuovere una iniziativa politica dell’Unione Europea;
- 3. promuovere una iniziativa politica dell’Osce (investire sul dialogo e il negoziato multilaterale,…);
- 4. promuovere una iniziativa politica dell’Onu (tornare a investire sull’Onu, ricostruire credibilità e capacità di intervento per la pacificazione in tutti i drammatici conflitti che si susseguono nel mondo, Conferenza mondiale della pace..) e, a tal fine, promuovere un serio dialogo con la Cina;
- 5. avviare un serio confronto con tutti i paesi alleati;
- 6. costruire una coalizione internazionale di “Costruttori di Pace” con i Paesi che intendono ottenere il cessate-il-fuoco;
- 7. “mettere al lavoro” statisti, premi Nobel, esperti, possibili mediatori internazionali… per ricercare, con creatività, soluzioni;
- 8. promuovere un’informazione che si prenda cura del vero e alimenti il dialogo anzichè l’odio;
- 9. … e molto altro… Nel frattempo, continuiamo a inviare armi?
*Edizione e titolazione di nandocan
Il giorno del ‘Giudizio nucleare’: Vladimir Stranamore e altri

Ugo Tramballi su Remocontro
Siamo a 90 secondi dal giorno del giudizio nucleare, mai così vicini dai tempi di Hiroshima e Nagasaki. L’invasione dell’Ucraina e ‘’la minaccia non troppo velata della Russia di usare le armi nucleari, ricordano al mondo che un’escalation – per errore, intenzione o calcolo errato – è un rischio terribile’. Ugo Tramballi, dalle sue SlowNews e ISPI, ha tutte le intenzioni di farci paura e, almeno con noi, ci riesce.
Doomsday Clock
Come ogni anno il Bulletin of the Atomic Scientists dell’Università di Chicago ha calcolato quanto siamo distanti da un conflitto nucleare.
Il Doomsday Clock, l’orologio del giorno del giudizio, è un’unità di misura teorica ma lo spostamento delle sue lancette è definito dai comportamenti dei governi. Chi li calcola è un gruppo di scienziati, fra i quali dieci Nobel. Forse nel tentativo di prendere le distanze dal mostro che avevano creato, il Bollettino era stato fondato nel 1945 da Albert Einstein, Robert Oppenheimer, Eugene Rabinovich e dagli altri scienziati del Progetto Manhattan: le atomiche sganciate sul Giappone.
Armageddon
La prima misurazione da qui all’eternità dell’Armageddon è del 1947: sette minuti. Il limite più pericoloso – tre – fu raggiunto nel 1953, quando i sovietici sperimentarono la prima bomba all’idrogeno; quello più ottimistico nel 1991, dopo i primi accordi sul disarmo e la caduta dell’Urss: 17 minuti. L’invasione dell’Ucraina è l’atto conclusivo di un lungo periodo di tensioni geopolitiche crescenti: dal 2020 la misurazione del Doomsday Clock non è più in minuti ma in secondi: 100 secondi per tre anni e ora 90.
Se cadono i tabù nucleari
Per decenni, nei rapporti fra le due superpotenze nucleari (il 93% delle testate nel mondo, è posseduto da Usa e Russia), l’eventualità dell’uso di un’arma così distruttiva era sempre stata un tabù. Nelle loro guerre in Vietnam e Afghanistan, americani e sovietici non avevano mai cercato di evitare la sconfitta usando l’atomica o minacciando di farlo.
La Russia oltre Putin
È ciò che da mesi invece chiaramente suggeriscono politici e generali russi di fronte al disastro delle loro operazioni militari in Ucraina. La settimana scorsa, nell’anniversario della battaglia di Stalingrado, Putin lo ha fatto di nuovo: la vera potenza russa è nei suoi arsenali nucleari. Nell’età dell’atomica non era mai accaduto. Come il Dottor Stranamore del film di Stanley Kubrick: ma Vladimir Stranamore è reale.
Un Bollettino comunque americano
La Russia, dice il bollettino, “ha anche portato la guerra nei siti nucleari di Chernobyl e Zaporizhzhia, violando i protocolli internazionali e rischiando un ampio rilascio di materiali radioattivi. Gli sforzi dell’Agenzia Atomica di mettere al sicuro quelle centrali, sono stati respinti”. Le preoccupazioni degli scienziati di Chicago sono ancor più attuali ora che Usa e Germania hanno deciso di dare agli Ucraini i carri armati Abrams e Leopard, considerate armi offensive letali.
Solo ‘difesa’ e armi ‘non letali’?
In realtà tutte le armi sono offensive e difensive, dipende dall’uso tattico che se ne fa. Non è neppure scontato che quei carri facciano effettivamente la differenza sui campi di battaglia. Ma quello che conta, come per i mercati azionari, è il “sentiment” generale: segnalano la solidità della risposta occidentale all’invasione russa. Al Pentagono sono convinti che anche di fronte a una sconfitta definitiva, Putin non userà l’arma atomica: troppo rischiosa per il fallout nucleare e per le reazioni internazionali.
Eventi collaterali: corsa agli armamenti
Ma la guerra ucraina, secondo il Bulletin, provoca eventi collaterali. I trattati sulla riduzione delle armi nucleari sono fermi; la Cina vuole quintuplicare il suo arsenale entro il 2035; seguendo l’esempio di cinesi, Usa e Russia, l’India modernizza il suo; Iran e Corea del Nord sono una minaccia crescente. E il problema non è solo l’atomica. Per Giappone e Corea del Sud è più conveniente restare sotto l’ombrello nucleare americano ma il loro riarmo convenzionale è spedito.
Nel 2021, nonostante le conseguenze economiche della pandemia, per la prima volta le spese mondiali per la difesa hanno superato i 2mila miliardi di dollari. E Putin non aveva ancora invaso l’Ucraina.
Banalizzare la complessità. Gramellini difende Ferragni

Alessandro Gilioli su Facebook
Gramellini, forse anche per difendere se stesso, oggi difende Ferragni – o meglio difende il principio secondo cui la banalizzazione è lo strumento più efficace di divulgazione, perché se “parli difficile” non ti ascolta nessuno.
E’ una disputa mediatica vecchia come i media: bisogna cercare di comunicare la complessità – anche a costo di ridurre la platea di ascolto – oppure bisogna semplificare al massimo riducendo al minimo la complessità, così “si parla a tutti”?
Personalmente, nei quattro decenni di esperienza editoriale sui mezzi più diversi (quotidiani, settimanali, mensili, siti, blog, social network e radio) mi sono fatto un parere molto misurato, forse un po’ democristiano: nel senso che ogni santa volta che comunichi qualcosa devi provare a misurare il massimo della complessità con il massimo dell’efficacia comunicativa, non rinunciando mai alla prima ma neanche alla seconda: ovviamente per quanto possibile, in un equilibrio sempre provvisorio e difficile, che dipende da mille fattori (a iniziare dal target a cui ti rivolgi).
Di Ferragni non so. Di Gramellini penso – senza alcun astio, semmai solo con invidia per il suo modello Unico – che abbia un filo esagerato nella ricerca della semplificazione, e non sono sicuro che questo giovi a una società in cui la semplificazione è ormai quasi totalizzante, al limite dell’analfabetismo di ritorno.
Rinunciare totalmente a un minimo di “pedagogia della complessità” rischia di diventare una sconfitta sociale, anche se probabilmente giova al successo del comunicatore.
- Reader’s – 18/19 marzo 2023“L’economia è fatta di aspettative, e se si rompe il rapporto fiduciario tra risparmiatori e banche, beh allora non c’è assolutamente modo di rimettere le cose a posto, in tempi brevi e senza traumi”. Così oggi Piero Orteca su Remocontro. Ed è “patologicamente” vero almeno da quando la finanziarizzazione dell’economia ha separato e comunque posto in secondo piano il valore oggettivo e concreto di beni e servizi rispetto a quello atteso o immaginato dalle contrattazioni in borsa. Tanto che, come si ripete stancamente ma inutilmente da decenni, non esiste quasi più alcuna corrispondenza tra l’economia reale e quella trattata dalle banche. E’ il capitalismo “di cartone” che procede impavido condizionando pesantemente la politica, per lo più incurante della sorte di imprese e lavoratori. Altro che “politique d’abord”. / Cavia Ucraina: il riciclaggio degli armamenti al collaudo assassino (Ennio Remondino) / Stavolta Piantedosi ce la può fare (Massimo Marnetto)
- Reader’s – 17 marzo 2023Landini ci ha provato e ha fatto bene. Che a prendere l’iniziativa sia il segretario generale della CGIL è già una garanzia che almeno nelle intenzioni non si tratta di un restyling del vecchio PD, del tentativo cioè di rimettere insieme i cocci di una fusione fallita in partenza. Marnetto è pessimista, ma che Calenda si smarchi per la presenza di Conte e Conte sia tiepido per la presenza di Calenda era non solo ampiamente prevedibile ma anche comprensibile, se davvero si tratta di ricostruire una sinistra plurale ma coerente. Come si dice, errare è umano, perseverare diabolico. Se invece l’obbiettivo era più modestamente quello di accordarsi per l’opposizione a questo o quell’obbiettivo del governo Meloni, a cominciare dal presidenzialismo e dall’autonomia differenziata), allora sì, sarei d’accordo con lui, ma non aspettiamoci salti di gioia./ Un Medio Oriente libero dall’Occidente con più paci che guerre/ viaggio nell’inconscio
- Reader’s – 16 marzo 2023QUEL GIORNO IN VIA DEI VOLSCI. Il 16.3.78 fu rapito Moro. Io ero in un appartamento in Piazza dei Re di Roma. Il mio amico S. entrò nella mia stanza con una radio da cui proveniva la notizia.Era così inverosimile che cercai di immaginare come avesse fatto a imbastire quello scherzo, era un burlone…/La maggioranza del mondo che non pensa occidentale e la titolarità della pace (Michele Marsonet)
- Reader’s – 15 marzo 2023Riarmo forsennato per ammazzarci prima e meglio? Il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha chiesto per il 2024, 842 miliardi di dollari. La Francia si appresta a rilocalizzare sul proprio territorio una ventina di produzioni industriali militari. Confermata la vendita Anglo-americana di sottomarini nucleari all’Australia. Ma la magia di metà secolo saranno i super sottomarini ancora allo studio: costo stimato nei prossimi tre decenni tra i 167- e 229 miliardi di euro /Massimo Recalcati: «Confini rafforzati e porti chiusi: così la nostra vita s’impoverisce»/Assemblea di Articolo21, Costante: «Il precariato è il più grande bavaglio all’informazione»
- Reader’s – 14 marzo 2023E’ possibile ingannare i poveri, dando loro la sensazione di volerli aiutare, ma ci vuole arte nel raggiro. Per esempio, come fa il Governo con la riforma fiscale allo studio. Strombazzare che si riducono le aliquote suona bene, perché sembra che si vogliano abbassare le tasse per tutti. E invece è il contrario, perché meno aliquote significa meno progressività. Ovvero allontanarsi dal principio previsto nella Costituzione per far pagare più tasse ai ricchi e meno ai poveri. /In seguito al rientro, annunciato da Roberto Speranza, di Articolo Uno nel PD, il numero due Arturo Scotto è entrato a far parte della Direzione nazionale. Ecco il suo intervento all’Assemblea nazionale /barchi in Italia ed Euro corruzione, trama di Mosca