Guerra o pace?

Si può pregare anche senza pensare a un Dio o alla Madonna o a un/a santo/a. Io prego contemplando in silenzio il mistero che è in me e nell’universo che mi circonda (nandocan)
di Giovanni Lamagna
Ognuno di noi (chi più e chi meno) nasce diviso, scisso, alcune volte lacerato, tra due (o anche più) parti di sé, che lottano, confliggono tra loro.
Ci sono poi quelli che impegnano la loro vita a unificarsi, a ricomporre queste diverse parti in unità, a mettere tra loro pace, in certi casi con l’aiuto di qualche psicoterapeuta, più spesso con il sostegno di un maestro o di maestri di spiritualità.
E ci sono quelli che, invece, pur avendone avuto in alcuni casi la chiamata, la sollecitazione a intraprenderlo, si rassegnano a restare così come sono nati, scissi, frammentati, in alcuni casi lacerati, schizzati, sempre in guerra con se stessi.
E’ questa, a mio avviso, la differenza fondamentale tra chi intraprende un percorso mistico e chi non lo prende neanche minimamente in considerazione.
Il percorso mistico non si caratterizza essenzialmente per essere un percorso di fede (ci sono uomini di religione che non hanno niente di mistico), ma per essere, in primo luogo, un percorso, del tutto laico e profondamente umano, di unificazione interiore.
L’indifferenza uccide

di Ennio Remondino su Remocontro
La presunta neutralità di un’omissione. Il ‘non fare’ come una sorta di innocenza, o almeno di una falsa ‘non colpevolezza’. Inerzia a cui filosofia, religioni e storia hanno sempre associato, meschinità e peccato. Da Sofocle a Dante, per concludere con Gramsci e Papa Francesco in una strana accoppiata.

Indifferenza peggio della cattiveria
Solo nel Novecento si è cominciato a cogliere come spesso l’indifferenza faccia più danni della cattiveria. Una ‘indifferenza protettiva’, la chiama qualche studioso. Non ci si indigna più in politica, dove la tracotanza è diventata la norma, né delle ormai diffuse prevaricazioni sociali. Il mondo colto cita Sofocle che fa sfidare ad Antigone il pensiero prevalente che voleva l’uomo indifferente alle ingiustizie.
L’Antinferno di Dante
Nella Divina Commedia Dante condanna l’ignavia, il vivere secondo indolenza, viltà e, appunto, indifferenza. Nel III canto dell’Inferno gli ignavi, per Dante, sono condannati per l’eternità a sostare nell’Antinferno: non avendo preso mai posizione, essi non hanno mai commesso né il bene né il male e, di conseguenza, non sono meritevoli di entrare nemmeno all’Inferno.
Novecento esistenzialista
L’indifferenza diventa tema centrale della letteratura esistenzialista. Tra gli italiani, Alberto Moravia, con la suo opera più nota, «Gli Indifferenti». Indifferenza sofferta per il protagonista di Moravia, indifferenza come regola di vita per «Lo straniero» del francese Albert Camus. Indifferenza che quando supera tutte le sovrastrutture morali, giuridiche e religiose che l’uomo si impone, arriva a considerare persino l’omicidio, come esito possibile di un semplice fastidio. La quasi attualità tragica indegna di parole dirette.
Orson Welles nel film di Pasolini
Orson Welles, che interpreta il regista nel film, si rivolge ad un mediocre giornalista dicendo: «Lei non ha capito niente perché è un uomo medio».
«Lei sa cos’è un uomo medio?».
«È un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, colonialista, razzista, schiavista, qualunquista».
Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917: «Vivere da partigiani»
«L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare».
Le poche mani che tessono la tela
«Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?».
Piagnistei da eterni innocenti
«Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime».
Sono partigiano
«Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti».
Papa Francesco: “l’indifferenza uccide”
«L’indifferenza uccide. È come dire all’altra persona: ‘Tu sei morto per me’, perché tu l’hai ucciso nel tuo cuore». «Per offendere l’innocenza di un bambino basta una frase inopportuna. Per ferire una donna può bastare un gesto di freddezza. Per spezzare il cuore di un giovane è sufficiente negargli la fiducia. Per annientare un uomo basta ignorarlo».
E papa Bergoglio cita la frase del primo omicida, Caino, dopo che il Signore gli chiede dove sia suo fratello. Caino risponde: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?’». «Così parlano gli assassini» ammonisce papa Francesco.
Il caso Renzi

di Alessandro Gilioli su Facebook
Il caso Renzi, con la sua catastrofica parabola, è un’interessante questione di “immagine risultante” rovesciata rispetto alla “immagine d’intenzione”.
Come politico, ce n’è e ce ne sono stati di molto peggio: in termini di coerenza e di efficacia.
Ha perfino portato a casa dei risultati decenti sotto il profilo dei diritti civili, e sui diritti sociali non è stato poi così diverso da tanti altri, compresi alcuni del Pd (ad esempio il pacchetto Treu, cioè la madre di tutti i Jobs Act, l’ha fatto un governo di Prodi, uomo ancora amato nel centrosinistra).
Di più, detto da uno che Renzi l’ha sempre avversato: la prima elezione di Mattarella fu un’eccellente costruzione politica, così come il Conte due.
Cos’è allora che lo rende tanto inviso, tanto detestato e schifato da essere considerato una zavorra, uno che sottrae più voti di quanti ne porta?
L’immagine. La sua immagine risultante.
Che, intendiamoci, non è infondata, perché negli anni l’immagine di Renzi è emersa per quello che Renzi è. Sbruffone, gradasso, arrogante. Avido di soldi. Uno che fa sempre il primo della classe. Che crede e cerca di far credere di sapere tutto lui. Che fa sorrisetti, battute e giochetti di parole ottusi e irritanti. Che spaccia per intelligenza la furbizia da bar del paese. Che sotto il due per cento si comporta con la superbia e l’alterigia di chi pensa di avere ancora il 40. Uno insomma che si cambia canale in tv appena lo si vede sermonare, di solito su stesso.
Ma questo, probabilmente, lo sapevate già. Quello che colpisce è che proprio Renzi, il primo Renzi, era uno che sull’immagine aveva puntato tutto. Tutto. La freschezza, il dinamismo, la giovanilità, le camicie bianche, il ‘Matteo risponde’, le slides, le giacche di pelle nera, la Playstation, Facebook, il cono gelato nel cortile di Palazzo Chigi…
Un lavoro enorme per crearsi un’immagine, molto oltre i suoi meriti politici. Seguito da uno sprofondo di immagine – o da un’irruzione del reale – che lo punisce perfino oltre i demeriti politici.
- Reader’s – 8 giugno 2023 – rassegna web di nandocan magazineÈ saltata la diga sul Dnepr. La rovina che ne è derivata da un lato potrebbe ostacolare la controffensiva ucraina nella zona di Kherson, dall’altro potrà togliere l’acqua potabile alla Crimea russa, assetandola. Non si può dire perciò a chi giovi questa catastrofe, mentre essa colpisce tutti e due, come nel giudizio di Salomone fare a pezzi il bambino voleva dire toglierlo a tutte e due le madri. In ogni caso siamo all’avvelenamento dei pozzi, al “muoia Sansone con tutti i Filistei”, ai pozzi di petrolio incendiati dagli iracheni sconfitti nell’abbandonare il Kuwait nel 1991./La diga, le centrali nucleari e l’incubo Cernobyl (Rem) / Draghi e la guerra (Marnetto)
- Reader’s – 7 giugno 2023 – rassegna web di nandocan magazineAnche “in Tunisia, la Meloni ha sperimentato la ”conferenza stampa – selfie”, cioè senza giornalisti”, commenta Marnetto.Passo dopo passo, anche i giornalisti si abitueranno all’idea di un governare sempre più disinvolto e meno democratico. D’altra parte, è quello che si aspettano i suoi elettori. O no? /‘Il mondo deve restare americano e gli europei sono avvertiti: con noi o contro di noi’, Enni Remondino, su Remocontro, riferisce sulle minacce di Robert David Atkinson, economista canadese-americano presidente della Information Technology and Innovation Foundation, think tank di politica pubblica con sede a Washington, ospitato su Limes./
- Reader’s – 6 giugno 2023. Rassegna web di nandocan magazineLa pace in Ucraina si raggiunge per fasi. La prima delle quali è sminare il conflitto dal fatalismo bellico, il sentimento per cui non ci sono alternative alle armi.La missione di Zuppi doveva essere quella di un emissario europeo, ma la Ue – in perfetta adesione alla Nato – ha preferito assecondare il concetto di vittoria. Invece il Vaticano vuole sparigliare e rompere (finalmente) l’immobilismo imbambolato delle pubbliche opinioni, prendendo iniziative e rischi. (Marnetto) /Covid, guerra e disuguaglianze, Occidente mangia Africa (Remocontro) /
- Reader’s – 5 giugno 2023 – rassegna web di nandocan magazineI poveri e l’ideologia del merito. Merito deriva da merere, cioè guadagnare, da cui derivano anche mercede e meretrice. La meritocrazia è l’ideologia del merito che, come tutte le ideologie, prende una parola che ci piace e ci affascina, la manipola e la perverte. E così, in nome della valorizzazione di chi è meritevole e povero, l’ideologia meritocratica è diventata la legittimazione etica della diseguaglianza.Don Milani, di cui festeggiamo quest’anno il centenario, queste cose le sapeva molto bene. Sapeva che i suoi ragazzi di Barbiana non erano demeritevoli: erano soltanto poveri; non erano colpevoli, erano soltanto poveri.(Bruni) /L’Ue vota l’economia di guerra: «Fondi Pnrr per le armi». Dal welfare al warfare (Rem) /
- Reader’s – 4 giugno 2023. Rassegna web di nandocan magazineL’Ucraina è pronta a lanciare la sua attesa controffensiva: lo ha affermato il presidente Zelensky in un’intervista al Wall Street Journal. «Crediamo fermamente che avremo successo», ha commentato il leader ucraino da Odessa. Zelensky ha riconosciuto la superiorità aerea russa e la mancanza di protezione da questa minaccia: «Significa che un gran numero di soldati morirà nell’operazione». «Ad essere onesti, può andare in vari modi, completamente diversi. Ma la faremo e siamo pronti». /Violenza sulle donne. Il problema riguarda solo gli uomini? (Lamagna) / Caro Massimo…(Lello Arena)
Una replica a “Reader’s – 1 agosto 2022. (rassegna web)”
Non sono proprio d’accordo sull’articolo su Matteo Renzi. Lo voterò se correrà da solo.
Vivo a Fiesole e quindi è l’unico che forse farà qualcosa per l’area fiorentina. Più se ne parla male e più mi convinco che la sinistra e la Meloni non possono interrssarmi.