Ma Dio non smentisce il serpente

L’uomo esce dal paradiso terrestre nel momento in cui immagina di poter vivere in uno stato migliore di quello che Dio o il potere o la sorte gli hanno attribuito. Nel momento in cui, con la scoperta, parziale e progressiva, dei meccanismi che lo determinano, comincia ad immaginare da solo ciò che è bene per lui, egli mangia il frutto proibito. (nella foto: Il giardino dell’Eden in un dipinto di Johann Wenzel Peterconservato alla Pinacoteca vaticana (1800-1829).)

Meditando Montaigne

“Dall’obbedire e dal cedere nasce ogni altra virtù, come dall’orgoglio ogni peccato. E, al contrario, la prima tentazione che venne alla natura umana da parte del diavolo, il suo primo veleno, si insinuò in noi per le promesse che egli ci fece di scienza e di conoscenza: “Eritis sicut dii, scientes bonum et malum” (Saggi, libro II, XII)

“De l’obeir et ceder naišt toutr autre vertu, comme du cuider tout peché. Et, au rebours, la premiere tentation qui vint à l’humaine nature de la part du diable, sa premiere poison, s’insinua en nous par le promesses qu’il nous fit de science et de cognoissance:”Eritis sicut dii, scientes bonum et malum” (Essais, II, XII)

Il fascino eterno della tentazione dell’Eden

Roma, Gennaio 1995 – Proseguendo nel tema avviato da “l’Acqua e il ghiaccio” , in quella insofferenza del proprio limite che conduce l’uomo al rifiuto di misurare, di calcolare il rischio, è il fascino eterno della tentazione dell’Eden: “Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: ‘è vero che Dio ha detto: non dovete mangiare di nessun albero del giardino?’ Rispose la donna al serpente: ‘Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete ‘.

Ma il serpente disse alla donna: ‘Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male ‘ . Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi, intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cintura”.

Dio non smentisce il serpente

Così il capitolo terzo del Genesi, ai versetti 1-5. E poi, ai versetti 21-22: “…Il Signore Dio disse allora: ‘ Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!” Da chi viene allora l’inganno: dal serpente o da Dio? Pare che almeno su un punto Dio e il serpente siano d’accordo: sapienza e conoscenza sono virtù divine, rendono l’uomo simile a Dio.

Riconoscendo che mangiando dell’albero della conoscenza “l’uomo è diventato come uno di noi”, Dio non smentisce il serpente. Al contrario. Seconda considerazione sul testo: grazie alla conoscenza, anche l’immortalità è a portata di mano dell’uomo. Pare esservi anzi una contraddizione tra la minaccia collegata al peccato (ne morirete!) e il timore di Dio che l’uomo “prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre”! 

E’ dunque la gelosia di Dio che condanna l’uomo alla morte, non già la conoscenza che è frutto della disubbidienza umana. Nel tentativo di elevarsi per diventare simile a Dio, l’uomo prende la via della conoscenza che lo costringe tuttavia a misurarsi con la minaccia di un Dio geloso e cioè con la morte.

Nel linguaggio biblico, spiegano i competenti, la conoscenza non è un semplice processo intellettivo, volto a formulare un giudizio. E’ piuttosto un’attività complessa, prodotta dall’uomo intero e mette in opera non solo l’intelligenza, ma anche il cuore, la volontà e anche il corpo. Nell’antico testamento l’israelita conosce con il cuore e non c’è una vera distinzione tra pensiero e desiderio. La conoscenza raggiunge il proprio oggetto quando il desiderio arriva a possederlo. Per questo l’incontro sessuale è una forma di conoscenza. Conoscere equivale dunque a sperimentare.

Conoscenza e immortalità frutti proibiti per l’uomo

Terza considerazione: finché rinuncia a misurarsi con la morte, l’uomo rinuncia anche alla conoscenza che gli consentirebbe di stendere la mano all’albero della vita. (Dunque, prima di mangiare dell’albero della vita l’uomo non è immortale e la morte non è conseguenza del peccato). Conoscenza e immortalità sono ambedue frutti proibiti per l’uomo. Mangiare del primo porta alla consapevolezza della morte e al desiderio di immortalità.

Soltanto la conoscenza rende l’uomo consapevole della propria nudità (fragilità), ma questo è anche il passo necessario perché egli possa tentare di colmarla. L’uomo era nudo, e cioè debole e impotente, ma non ne era consapevole in quanto non immaginava un’alternativa al suo stato. Dalla conoscenza nasce la consapevolezza della distanza tra la propria debolezza e la forza di Dio, tra la propria mortalità e l’immortalità divina. E da questa consapevolezza il desiderio di quella immortalità che lo renderebbe simile a Dio. “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo?” chiede infatti Dio ad Adamo e, nel timore che dopo aver mangiato dell’albero della conoscenza voglia anche mangiare dell’albero della vita, lo caccia dal paradiso terrestre.

Il paradiso terrestre è il bene che Dio assicura all’uomo che accetta la propria subalternità, il suo posto di creatura obbediente verso Colui che solo ha il potere di decidere che cosa è bene per lui. La perdita di questo bene è il prezzo che l’uomo paga quando, grazie alla conoscenza, prende a esaminare da solo che cosa è bene o male per lui. Ogni volta che l’uomo compie un gesto di indipendenza compie un gesto di empietà verso il potere supremo.

Il peccato di Adamo è l’immaginazione al potere

L’immaginazione al potere: in questo consiste, in definitiva, il peccato di Adamo. Quell’immaginazione che, secondo il biologo Henri Laborit, è l’unica forma di “libertà” che è dato all’uomo di avere, “in quanto solo l’uomo ha la possibilità, strutturalmente, funzionalmente, di secernere informazione” (“Intervista sulle strutture della vita”,pag.161) 

“In realtà – scrive Laborit – ciò che può chiamarsi “libertà” (se proprio teniamo a questa parola) è l’indipendenza, molto relativa, che l’uomo può acquistare scoprendo parzialmente e progressivamente le leggi del determinismo universale. Allora, ma soltanto allora, diventa capace di immaginare un modo di servirsi di queste leggi per sopravvivere meglio. E ciò lo immette in un altro determinismo, tipico di un altro livello di organizzazione, fino a quel momento ignorato. È compito della scienza raggiungere nuovi livelli di organizzazione delle leggi universali.

Il volo di Icaro

Finché ha ignorato le leggi della gravitazione, l’uomo ha creduto di poter essere libero di volare. Ma, come Icaro, si è sfracellato al suolo. O meglio, ignorando che aveva la possibilità di volare, non sapeva di essere privo di una libertà che per lui non esisteva. Una volta scoperte le leggi della gravitazione, l’uomo è potuto andare sulla luna. Così facendo, non si è liberato da quelle leggi, ma le ha adoperate a suo favore.

Neppure in questo caso, tuttavia, ha compiuto una libera scelta, “perché la sua immaginazione funziona solo se lui è motivato, dunque animato da una pulsione endogena o da un avvenimento esterno. E la sua immaginazione può funzionare solo adoperando un materiale memorizzato che non ha scelto liberamente ma che gli è stato imposto dall’ambiente. E infine quando una o più soluzioni nuove saranno in apparenza offerte alla sua ‘libera scelta’ , agirà ancora una volta rispondendo alle sue pulsioni inconsce e ai suoi automatismi di pensiero,altrettanto inconsci” (“Elogio della fuga”, pag.74).

Nel cammino dell’evoluzione.

L’uomo esce dal paradiso terrestre nel momento in cui immagina di poter vivere in uno stato migliore di quello che Dio o il potere o la sorte gli hanno attribuito. Nel momento in cui, con la scoperta, parziale e progressiva, dei meccanismi che lo determinano, comincia ad immaginare da solo ciò che è bene per lui, mangia il frutto proibito.

Da quel momento vivrà, a differenza degli altri animali, nell’inferno della propria insoddisfazione e sofferenza, finché non riuscirà a compiere il salto evolutivo che lo renderà effettivamente simile a Dio: la vittoria sul determinismo universale e sulla morte. Da quando l’uomo è divenuto effettivamente uomo mangiando dell’albero della conoscenza al giorno in cui egli sarà come Dio mangiando dell’albero della vita, si snoda l’intero cammino dell’evoluzione umana.

Con questo breve saggio, termina la serie degli articoli scritti trent’anni fa “Meditando Montaigne”

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