9. La lotta per il suffragio universale

Insieme alle lotte per i diritti del lavoro, la lotta per il suffragio universale rappresenta l’altra grande battaglia sociale e politica, combattuta a partire dal XIX secolo e protrattasi fino all’inizio del XX. Ma le logiche censitarie continuano tutt’oggi ad esistere: semplicemente sono diventate un po’ meno visibili.

da “Una breve storia dell’uguaglianza” di Thomas Piketty*

Thomas Piketty

* Di questo libro ho pensato di proporre gradualmente sul blog, a scopo divulgativo, i brani che ritengo più significativi. La pandemia come la crisi politica, economica e ambientale che l’ha preceduta e accompagnata fanno oggi dell’ingiustizia sociale il problema più scottante per l’umanità. Nella sua “breve storia”, di cui raccomando la lettura integrale, Piketty scrive che “l’eguaglianza è una lotta che può essere vinta e nella quale ci sono sempre varie traiettorie possibili, che dipendono dalla mobilitazione, dalle lotte e da ciò che si apprende dalle lotte precedenti”.

**Thomas Piketty, professore dell’École des Haute Études en Sciences Sociale e dell’École d’Économie de Paris, è autore di numerosi studi storici e teorici che gli hanno fatto meritare nel 2013 il premio Yrjö Jahnsson, assegnato dalla European Economic Association. Il suo libro “Il capitale nel XXI secolo (2014) è stato tradotto in 40 lingue e ha venduto 2,5 milioni di copie.

Nel Regno Unito

Nel Regno Unito, il cammino verso il suffragio universale maschile fu molto graduale. La percentuale di maschi adulti che godevano del diritto di voto era di appena al 5% nel 1820, prima di passare al 14% in seguito alla riforma elettorale del 1832, al 30% dopo quella del 1867 e in particolare al 60% con la legge elettorale del 1884, la quale trasforma il dato politico e porterà legislazioni sociali e fiscali nettamente più redistributive e distributive. Il suffragio universale maschile è finalmente votato nel 1918, seguito dal suffragio universale femminile nel 1928.

In Francia

Nel 1815, Luigi XVIII vara il sistema politico che ha osservato in Inghilterra, con una Camera dei Pari riservata all’alta nobiltà (a immagine della Camera dei Lord) e una Camera dei Deputati eletta a suffragio censitario (come la Camera dei Comuni, ma in misura ben più ristretta)…In Francia, il suffragio universale maschile venne applicato per breve tempo in seguito alla rivoluzione del 1848, e definitivamente a partire dal 1871, per essere finalmente esteso alle donne nel 1944. 

In Svezia

La grande peculiarità del sistema censitario applicato in Svezia tra il 1865 il 1911 sta nel fatto che gli elettori disponevano di un numero di voti collegato con l’ammontare delle loro imposte, dei loro beni e dei loro redditi… In concreto, i membri del gruppo meno ricco avevano un voto ciascuno, mentre quelli del gruppo più ricco arrivavano da dire fino a 54 voti ciascuno… 

Dal sistema basato sulla proprietà a una società relativamente egualitaria

La Svezia è passata in pochi decenni – con l’arrivo al potere dei socialdemocratici nei primi anni 20 del Novecento, a seguito di un’intensa mobilitazione sindacale operaia, e poi in misura pressoché permanente dal 1932 al 2006 – dal sistema proprietarista improntato alla disuguaglianza più estrema e arretrato alla quintessenza di una società relativamente egualitaria (o quantomeno più egualitaria di tutte le altre società conosciute). 

Nel periodo tra le due guerre, quando i socialdemocratici al potere assunsero il controllo dell’amministrazione svedese e posero l’efficienza statale del loro paese al servizio di un progetto politico completamente diverso, tutto cambiò. Anziché utilizzare i registri di proprietà e redditi per distribuire i diritti di voto, li utilizzarono per introdurre un regime d’imposta fortemente progressivo a carico dei più ricchi, il tutto per finanziare servizi pubblici che contribuissero a un accesso relativamente egualitario alla salute e all’istruzione dell’insieme della popolazione (anche lì in controtendenza con gli altri paesi).

Ma le logiche censitarie continuano ad esistere

In linea teorica, potremmo pensare che un corollario evidente del suffragio universale sarebbe l’adozione di un sistema egualitario in cui ogni cittadino dispone della stessa somma per finanziare i partiti e movimenti politici di sua scelta. Con l’aggiunta di un divieto assoluto di raccolta fondi e una rigorosa limitazione delle spese elettorali. Al fine di porre tutti i candidati e tutti gli elettori in una condizione di parità. 

Ebbene, non solo non si è fatto nulla, ma è successo tutto il contrario. Un certo numero di paesi ha sicuramente sviluppato timidi sistemi di finanziamento pubblico delle campagne elettorali dei partiti politici. In Germania negli anni 50, negli Stati Uniti e in Italia negli anni 70 e 80, o anche in Francia negli anni novanta del Novecento. Ma si tratta di dispositivi insufficienti, che sono stati il più delle volte vanificati dal flusso di denaro privato.

In Francia, un elettore che devolve 7500 € (il tetto anno annuo autorizzato) al suo partito politico preferito ha diritto, se è imponibile, a una riduzione dell’imposta di 5000 euro finanziata dal resto dei contribuenti. Mentre una persona qualunque ha diritto solamente a un euro per elettore a titolo di finanziamento pubblico dei partiti politici. L’esempio francese mostra come le logiche censitarie continuino a esistere: semplicemente sono diventate un po’ meno visibili.

(prossimamente: 10. La plutocrazia economica)

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