4. L’eredità schiavista e coloniale

“Come hanno fatto, l’Europa e gli Stati Uniti, ad acquisire una posizione dominante su scala mondiale, quantomeno fino a tempi recenti? Anche se non devono per forza rappresentare l’unica spiegazione del fenomeno, lo schiavismo e il colonialismo hanno svolto, come vedremo, un ruolo centrale nel processo di arricchimento dell’Occidente”.

Rivoluzione industriale, colonialismo ed ecologia

  • Tutte le ricerche di cui disponiamo lo dimostrano: la crescita del capitalismo industriale occidentale è intimamente legata al sistema di divisione internazionale del lavoro, di sfruttamento incontrollato delle risorse naturali e di egemonia militare e coloniale che si sviluppano gradualmente tra le potenze europee e il resto del pianeta a partire dai secoli XV e XVI, con una forte accelerazione nel corso dei secoli XVIII e XIX.

Più in generale, è impossibile scrivere una storia dell’uguaglianza e della disuguaglianza a livello mondiale senza cominciare a valutare il peso dell’eredità coloniale.

  • Sulla lunga durata, la realtà è che noi siamo proprio i figli dell’esperienza coloniale. E sarebbe ingenuo pensare che i suoi effetti possano essere cancellati nel giro di pochi decenni. Chi nasce oggi sul nostro pianeta non è personalmente responsabile di quella pesante eredità; ma ciascuno è responsabile del modo in cui sceglie o meno di prenderla in considerazione nella sua analisi del sistema economico mondiale, delle sue ingiustizie e dei cambiamenti da apportarvi.

La grande divergenza tra Europa e Asia

  • Finché tutti gli Stati del mondo erano ugualmente deboli, è prevalso un certo equilibrio. Dal momento in cui alcuni Stati europei hanno iniziato a sviluppare una capacità fiscale, amministrativa e militare significativamente maggiore, si sono innescate nuove dinamiche.
  • Nell’opera pubblicata nel 2000 sulla “grande divergenza” tra Europa e Asia, Kenneth Pomeranz ha insistito sul fatto che lo sviluppo industriale dell’Occidente si sarebbe indirizzato ben presto verso un vincolo “ecologico” di grande ampiezza se non fosse prevalso un sistema di approvvigionamento e di mobilità della forza lavoro su scala planetaria…
  • Secondo i calcoli di Pomeranz, intorno al 1830 le importazioni di cotone, legno e zucchero verso l’Inghilterra erano generate dallo sfruttamento di oltre 10 milioni di ettari di terreno, ovvero un valore compreso tra 1,5 e 2 volte il totale delle terre coltivabili nel Regno Unito.

L’impero del cotone: l’egemonia dell’industria tessile mondiale

  • Tra il 1800 e il 1860, negli Stati Uniti del sud, il numero degli schiavi aumenta di quattro volte, passando da uno a 4 milioni. La produzione di cotone aumenta di 10 volte, anche grazie al miglioramento delle tecniche e all’incremento della produzione. Alla vigilia della guerra civile, il 75% del cotone importato nelle fabbriche tessili europee proveniva dagli Stati Uniti del sud, il che illustra con sufficiente chiarezza la funzione cruciale del sistema schiavista.
  • All’inizio del XVIII secolo, l’80% dei prodotti tessili che i mercanti britannici in Africa occidentale scambiavano con gli schiavi era prodotto in India; alla fine del secolo, questa percentuale si attestava ancora al 60%.
  • Fu solo dopo aver acquisito un vantaggio comparativo indiscutibile nell’industria tessile, in particolare grazie all’impiego del carbone, che intorno alla metà del XIX secolo il Regno Unito propugnò il “il libero scambio” in modo più deciso.

Anche se è difficile pervenire a una stima globale, sembra evidente che l’insieme di queste misure protezionistiche, imposto al resto del mondo con la forza delle armi, abbia svolto un ruolo fondamentale nel predominio industriale britannico europeo. (continua)

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