Uno dei grandi limiti del cammino verso l’uguaglianza iniziato nel secolo scorso è che ci si è spesso accontentati di un’uguaglianza formale. Se si vuole raggiungere un’uguaglianza reale, è urgente sviluppare indicatori e procedure tali da combattere le discriminazioni esistenti, sociali ed etniche e quali sono di fatto in vedi che è un po’ ovunque, un po’ ovunque nel Nord, nel Nord come nel sud del mondo.
da “una breve storia dell’uguaglianza” di Thomas Piketty*

* Di questo libro ho pensato di proporre gradualmente sul blog, a scopo divulgativo, i brani che ritengo più significativi. La pandemia come la crisi politica, economica e ambientale che l’ha preceduta e accompagnata fanno oggi dell’ingiustizia sociale il problema più scottante per l’umanità. Nella sua “breve storia”, di cui raccomando la lettura integrale, Piketty scrive che “l’eguaglianza è una lotta che può essere vinta e nella quale ci sono sempre varie traiettorie possibili, che dipendono dalla mobilitazione, dalle lotte e da ciò che si apprende dalle lotte precedenti”.
**Thomas Piketty, professore dell’École des Haute Études en Sciences Sociale e dell’École d’Économie de Paris, è autore di numerosi studi storici e teorici che gli hanno fatto meritare nel 2013 il premio Yrjö Jahnsson, assegnato dalla European Economic Association. Il suo libro “Il capitale nel XXI secolo (2014) è stato tradotto in 40 lingue e ha venduto 2,5 milioni di copie.
L’uguaglianza nell’istruzione: sempre programmata, mai attuata
Negli Stati Uniti, alcuni ricercatori sono riusciti a collegare i dati fiscali dei genitori al percorso scolastico e universitario dei figli. I risultati sono deprimenti: il reddito dei genitori prefigura quasi perfettamente le possibilità di accesso all’università. In concreto, la probabilità di accesso all’insegnamento universitario è di poco più del 20% tra il 10% di giovani adulti con un reddito familiare basso, e passa pressoché linearmente a più del 90% per i giovani adulti con un reddito familiare elevato.
Il problema è che esiste un po’ ovunque un abisso enorme tra i discorsi ufficiali sulla pari opportunità e la realtà delle disuguaglianze dell’istruzione, una realtà con la quale devono fare i conti le classi meno abbienti.
Non solo le tasse di iscrizione esorbitanti rendono le migliori università inaccessibili agli studenti più modesti (salvo il poter contare su voti gestionali, tali da dare diritto a borse di studio), ma è consentito ai genitori più ricchi pagare un qualcosa che somiglia molto a un supplemento, con il quale possono compensare i voti scadenti dei figli.
Nemmeno la quasi gratuità degli studi preserva dalla discriminazione sociale. In assenza di un sistema adeguato di reddito minimo per gli studenti, il fatto di seguire una lunga formazione universitaria costituisce sempre un investimento di considerevole misura per persone di origine modesta, le quali, per giunta, non sempre beneficiano di un buon punto di partenza, dei codici e delle reti che consentono di accedere a determinati percorsi… Per cui scopriamo che sono proprio i mezzi in dotazione al potere pubblico a contribuire a rafforzare, nella scuola, le disuguaglianze sociali di partenza.
Per una discriminazione positiva fondata su criteri sociali
È necessario che annualmente siano resi pubblici la ripartizione dei mezzi in campo scolastico e i tassi di accesso ai differenti percorsi, tenendo conto delle origini sociali, della percentuale del reddito dei genitori ecc. e scomponendo i vari livelli inerenti al sistema scolastico.
Occorre anche e soprattutto che questo esercizio di trasparenza sia direttamente collegato con forme di intervento e politiche capaci di migliorare la situazione, sia per l’insegnamento universitario sia per la formazione primaria e secondaria…
…e definire democraticamente criteri di ammissione neutrale oggettivi, applicati a tutti nello stesso modo.
In genere, al momento dell’ingresso nell’università, è troppo tardi per riuscire a ridurre radicalmente la disuguaglianza delle opportunità: bisogna agire molto prima.
Il salario medio degli insegnanti nelle differenti scuole, collegi e licei…è tanto più elevato quanto è maggiore la percentuale di alunni appartenenti alle classi sociali più abbienti iscritti nell’istituto. Del resto è una realtà comune a gran parte dei paesi dell’OCSE: gli alunni che provengono da ambienti avvantaggiati hanno maggiori opportunità di contare su insegnanti titolari ed esperti rispetto ad alunni che provengono da ambienti svantaggiati, i quali hanno spesso insegnanti supplenti o a contratto e i magri premi di produzione previsti per costoro non bastano a compensare una disuguaglianza che è di fatto una disuguaglianza sistemica.
Come si vede, il primo obiettivo, in pratica, non è quello di raggiungere una discriminazione positiva su criteri sociali, è soltanto quello di evitare la discriminazione negativa…nella scuola primaria e nella secondaria, come nelle università, ci si trova spesso ad allocare risorse pubbliche maggiori per studenti più avvantaggiati che per gli altri.
Continua con: 16. Della persistenza del patriarcato e del produttivismo
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